Ironia

Le parole e le cose

i-ro-nì-a

Significato Dissimulazione del proprio pensiero con parole opposte o divergenti rispetto alla realtà che lasciano intravedere o a cui alludono, a fini di critica, di derisione

Etimologia voce dotta recuperata dal latino ironia, dal greco eironéia, da éiron, propriamente ‘colui che interroga’, sottinteso ‘fingendo di non sapere’.

A leggere le Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, si ricava un ritratto di Socrate che lo distingue abbastanza nettamente dai sofisti suoi contemporanei: a differenza di costoro, che si professavano ‘maestri di virtù’ e si facevano pagare per insegnare il proprio sapere, Socrate (470 c. – 399 a.C.) dichiarava che «non sapeva nulla, se non appunto di non sapere nulla», e «non pretese mai un compenso da nessuno»; inoltre, discuteva con gli altri «non in modo da togliere la loro opinione, bensì in modo da cercare di raggiungere il vero». Eppure, non si può negare che coi sofisti Socrate avesse parecchio in comune: anzitutto, li aveva seguiti nell’abbandonare l’indagine sulla natura a favore di quella sull’umano; e Aristofane, nelle Nuvole, lo mette nello stesso mazzo di coloro che, «a furia di chiacchiere», fanno vincere «anche le cause perse»: gli eristi, sofisti interessati solo a prevalere nelle discussioni mediante sofismi — argomentazioni capziose, callidi espedienti oratorî. Di seguito, in uno scatto di Sting, un ritratto di Socrate di epoca romana conservato al Louvre, forse copia di un originale bronzeo del celebre scultore greco Lisippo.

Effettivamente, nei Dialoghi di Platone, Socrate non si perita di usare trucchetti di ogni genere, ma la sua strategia dialettica preferita è un’altra: l’ironia. Com’è noto, egli affermava di aver ereditato dalla madre levatrice la maieutica, l’arte di far ‘partorire’ alle persone una verità che essi avevano già dentro di sé. Questa era la parte costruttiva della dialettica socratica, preceduta però da una pars destruens (letteralmente, ‘parte che distrugge’) in cui, al cospetto di interlocutori certi e fieri del proprio sapere, il Nostro si atteggiava a persona ignorante e vogliosa di apprendere, che — facendo domande su domande — alla fine costringeva i presunti sapienti a riconoscere di non sapere nulla.

Insomma, era facendo il finto tonto che Socrate «confutava come sciocchi quelli che avevano un’alta opinione di sé stessi», e proprio questo è il significato originario di ‘ironia’: la eironeía greca (dissimulazione, finzione) deriva dall’eíron (‘che finge di non sapere’), personaggio dell'antica commedia greca autocritico e autoironico (speculare all'alazón, sbruffone e millantatore), che mantenendo un profilo basso mette nel sacco il roboante avversario. Ma questa dissimulazione, questo sminuire sé stessi per smontare la sicumera altrui equivaleva, come nota Alcibiade nel Simposio di Platone, a passare il proprio tempo in «scherzi alle spalle della gente» (e infatti, se lo fai con persone altolocate e suscettibili, ti ritrovi a dover bere la cicuta).

L’ironia moderna, apparentemente, ha poco a che fare con quella socratica: non dissimula, non si nasconde: dice apertamente il contrario di ciò che intende. Vedo che stamani sei di ottimo umore! (non mi hai neppure salutato). Siamo messi bene… (la situazione è disperata). Graffia, ma senza astio e grevità, altrimenti trapassa in sarcasmo. Questa però è solo l’ironia retorica, ossia puramente verbale, in fondo la meno interessante.

Poi c’è l’ironia delle cose, l’ironia della sorte, l’ironia, a volte tragica, della vita, in cui la beffa e la dissimulazione si fanno impersonali, oggettive. Ma soprattutto c'è l'ironia prettamente umana, filosofica, in cui il sottovalutare, il minimizzare, l'understatement sono attitudine esistenziale, rifiuto di dare troppa importanza a noi stessi (autoironia) e agli eventi, consci che non è il caso di prendere alcunché troppo sul serio, giacché vana parvenza è questo mondo, e vanagloria, millanteria le certezze che pretendiamo di cavarne.

Certo, in questa presa di distanza, nel rifiuto di accordare valore al mondo, il soggetto è «libero in negativo», come ha rimarcato Kierkegaard: «L’ironia è la via; non la verità, ma la via»; è come un mare in cui ci si tuffa per avere un «tonico refrigerio» quando l’aria è troppo pesante, «non certo per restarvi, ma per tornar felici a rivestirsi, leggeri e risanati». Ma come riconciliarsi con la realtà, dopo la dissoluzione ironica? Con un surplus di filosofia, naturalmente: con l’umorismo — quello di Pirandello —, che contiene e supera l’ironia, perché piuttosto che limitarsi a stigmatizzare lo scarto tra umano e mondo, tra ideale e reale, «smonterà» sì le costruzioni illusorie, «ma non per riderne solamente; e in luogo di sdegnarsene, magari, ridendo, compatirà».

Parola pubblicata il 07 Dicembre 2021

Le parole e le cose - con Salvatore Congiu

I termini della filosofia, dai presocratici ai giorni nostri: l’obiettivo è sfilare parole e concetti dalle cassette degli attrezzi dei filosofi per metterli nelle nostre — rendendo ragione della dottrina con la quotidianità. Con Salvatore Congiu, un martedì su due.