Proteiforme

pro-tei-fór-me

Significato Che prende molte forme, specie con rapidità

Etimologia composto dal nome del dio marino Proteo con l’elemento -forme ‘che ha forma di’.

  • «Saggio storico, racconto fantastico, manifesto artistico, dialogo filosofico: è davvero un libro proteiforme.»

Distrutta Troia, Menelao e la bella Elena stanno tornando a Sparta — ma questi ritorni a casa per mare finiscono per essere, be’, delle odissee. Si ritrovano sull’isola di Faro (che ancora non ha il faro), davanti alle coste egiziane, senza la possibilità di ripartire per via di una persistente bonaccia.
Menelao incappa in una ninfa e sacerdotessa locale, Eidotea, che gli dà un grande aiuto: gli spiega come interrogare il sapientissimo dio Proteo su quello che deve fare per poter ripartire. Egli conosce e vede ogni cosa del mare, e peraltro è suo padre.

Proteo, proprio sull’isola di Faro, custodisce il gregge di foche di Poseidone. Nella migliore tradizione del conteggio delle pecore, a mezzogiorno conta le foche e si addormenta. Eidotea fornisce a Menelao e a tre dei suoi delle fetentissime pelli di foca scuoiata (con ambrosia da tener sotto il naso per non svenire): quando il dio si addormenta, gli devono balzare addosso e tenerlo stretto a ogni costo. Infatti Proteo — e qui c’è il carattere che ci interessa — ha fra gli altri poteri suoi quello del mutare forma, il che complica le cose; ma se alla fine mutando mutando non riuscirà a fuggire, si rassegnerà e risponderà alle loro domande pur di liberarsi.

Tutto fila liscio: partecipano alla conta, Proteo si assopisce e non gli basta poi cambiarsi in leone dragone pantera cinghiale acqua o albero, Menelao e i suoi tengono duro. «Menelao, che vuoi?»
Proteo risponde alle domande del greco, e gli spiega quali sacrifici fare per far riprendere il vento (roba a questo punto non semplice, c’è da risalire il Nilo), e lo ragguaglia malvolentieri sulle sorti degli Achei suoi compagni d’arme. Gli dice di Aiace, morto in mare, del fratello Agamennone, ucciso al suo ritorno a casa, e gli dice di Ulisse, prigioniero (con benefici) della ninfa Calipso sulla lontana isola occidentale di Ogigia.
Questa storia è narrata giusto nel IV libro dell’Odissea, da Menelao a Telemaco figlio di Ulisse, che sta viaggiando in cerca del padre.

‘Proteiforme’ è un termine che nasce da questo Proteo, nell’onda settecentesca del ritrovato matto amore per la Grecia. Certo non è il riferimento mitologico più corrente e condiviso, anzi: è un riferimento ricercato — e ricercato è il termine ‘proteiforme’. Però ha delle particolarità assolute rispetto al quadro dei suoi sinonimi più consueti. Il poliedrico, e lo sfaccettato danno l’idea di una realtà composita, non mutevole; il variegato e il vario danno immagini molto più vaghe; ci si avvicina solo il multiforme, che però non ci rappresenta un mutare concitato, rapido e fantasmagorico come il proteiforme.

Il proteiforme assume forme diverse in un susseguirsi inaspettato, veloce, paradossale. È proteiforme l’artista che si reinventa e ritrova a strettissimo giro nelle arti più disparate, sono proteiformi le idee politiche che si riaggiornano e rivoluzionano a seconda della lista in cui ci si candida, proteiforme il mostro descritto in maniera diversa da una miriade di tradizioni, proteiformi le formazioni via via richieste per svolgere un lavoro.

Una parola che ci testimonia che chiave sia il racconto leggendario e mitico, che ha una capacità eterna di suggerirci quali sono i tagli di mondo che hanno un significato pregnante, e che possiamo identificare con le nostre parole.

Parola pubblicata il 07 Settembre 2022