Apotropaico

a-po-tro-pà-i-co

Significato Di oggetti, atti, formule dalla carica magica capace di allontanare gli influssi malefici

Etimologia dal greco apotrópaios ‘che allontana i mali’, da apotrépein ‘stornare’, derivato di trépein ‘allontanare’ col prefisso apó- ‘da’.

  • «Non intendevo offenderti, era un gesto apotropaico!»

Questa parola ci mette in contatto con uno stadio di credenze antico, radicatissimo e infestante, che si è semplicemente avviticchiato alle religioni e ai paradigmi di credenze successivi. Sono credenze che leggono nella nostra esperienza del mondo un continuo dardeggiare di influssi maligni, vere e proprie gragnole scagliate da enti naturali e sovrannaturali che ci portano male e arrivano da ogni parte. Secondo questa chiave di lettura della realtà, ogni bene, ogni fortuna che si manifesta ha una sua fragilità — e questo in effetti è un dato che non si può sconfessare — perciò serve una protezione magica speciale per allontanare, deflettere questi influssi.

Ora, questo modo di pensare non è frutto di una cultura specifica: è praticamente universale. Però culture diverse hanno trovato modi diversi di compiere questi allontanamenti (apotrépo è proprio ‘stornare, allontanare’). Noi, come gesti apotropaici, facciamo le corna, attacchiamo ferri di cavallo, fino a qualche tempo fa sputavamo per scacciare il diavolo, facevamo pernacchie e linguacce — e mostrare la croce non serve solo a tener lontani i vampiri; conosciamo risposte e formule da dire per scongiurare prospettive indesiderabili, o perfino qualche formula di guarigione; abbiamo una certa consuetudine con scope di saggina inchiodate al muro esterno della casa, e con amuleti e talismani a forma di viso, di occhio — minor fortuna hanno invece avuto da noi quelli a forma di fallo, anche se il loro antico nome ha portato il significato il fascino stesso. Ce ne sono poi di meno ovvi, pratiche desuete come il murare nelle pareti delle case scarpe e oggetti con iscrizioni, o dare nomi che tengano lontano il male alludendo a condizioni desiderate, o al loro contrario.

Il termine ‘apotropaico’ ha il potere stupendo di significare questa sterminata galassia di usi contro demoni e malocchi appartenendo a un registro elevato, distaccato. Da prestito dotto novecentesco (non ha cent’anni), riesce a collocare questi usi in una lettura antropologica, a prenderli per quello che sono, da un lato senza involgersi in giudizi sprezzanti, dall’altro coprendo anche la volgarità che a volte li caratterizza — un passo fuori dal loro paradigma. Dire che l’amica, alla nostra previsione, ha fatto un gesto apotropaico, o che l’amico ha sempre pronta qualche formula apotropaica ogni volta che è in ballo un esito incerto, lascia un simpatico spazio di non detto, lasciato all’immaginazione con un esito perfino comico.

Cosa che il sinonimo ‘scaramantico’ realizza con minor efficacia, perché meno aulico e distante: il termine ‘scaramanzia’ (come si può annusare sentendo quell’elemento -manzia, che ci parla puntualmente di pratiche magiche) è un’alterazione popolare di gramanzìa, a sua volta deformazione di negromanzia, in un’ottica di partecipazione allo scambio magico.

Insomma, l’apotropaico è una parola importante perché descrive tanto di tante culture, ma anche perché si rivela un grimaldello versatile per presentare certi tratti in maniera pulita, scanzonata, efficace. Tiè!

Parola pubblicata il 28 Dicembre 2022