Contumelia

con-tu-mè-lia

Significato Ingiuria, villania

Etimologia dal latino contumelia, di etimo incerto.

  • «Sono ancora lì a scambiarsi contumelie.»

In questa particolare sfera di significati possiamo notare una questione curiosa: ci insistono di più le parole elevate, piuttosto che quelle triviali. È la sfera dell’offesa (parola comune, ma tutt’altro che bassa), e in particolare dell’offesa verbale.

È un ambito in cui ci possiamo confrontare con un sacco di pratiche amabili e costruttive. Con l’ingiuria, che ha una gravità tale da essere adatta alla poesia e alle aule di tribunale — questa è un’ingiuria, ti sfido a duello. Un po’ più volatile è l’insulto, garbato latinismo che riesce a coprire i contenuti più irripetibili — fuori dal bar si sono presi a insulti. L’improperio è scatenato, ma ha la dinamica e la struttura circostanziata del rimprovero — mi ha coperto di improperi. Oltraggi e villanie si collocano in un orizzonte di cortesie tradite — questa parola è un oltraggio, una villania. Il vituperio, significando tanto l’offesa e la vergogna quanto la loro causa, si arrocca in una torre letteraria — sei il vituperio della squadra.

La contumelia ha delle carte notevoli. Innanzitutto è meno battuta, e particolarmente distaccata. Significa sempre qualcosa di estremamente acceso, incandescente — più incandescente dell’ingiuria e dell’insulto, in effetti —, ma lo fa in maniera compassata, adatta anche al discorso più delicato. Inoltre ha una certa rotondità, una sua morbidezza di suono. Questa distanza fra ciò che descrive e come lo descrive è marcata, distintiva e si fa notare.

Se parlo delle contumelie che pronuncio mentre guido, è chiaro che in questo momento sto dominando la questione con lucidità. Se il giornale riporta che le parti contrapposte del consiglio si sono scambiate gragnuole di contumelie, comunica un’idea di cronaca spassionata che però non toglie un bottone al peggio che ha caratterizzato quegli scambi. Se mi faccio scivolare addosso una contumelia esagerata, la denominazione più alta rispetto a ‘offesa’, ‘insulto’ o ‘ingiuria’ mi conferisce il profilo di un’indifferenza olimpica.

È una parola relativamente isolata (forse si collega a contèmnere ‘disprezzare’, ed è parente della contumacia, ma non c’è certezza): anche per questo, non è di accessibilità banale — non è facile indovinarne il senso se non si sa o non si ricorda. Però è una risorsa brillante per marcare, nei discorsi adatti, la differenza fra la bassezza di un’offesa verbale e l’altezza da cui la vogliamo considerare. Insomma, più che specificarci qualcosa sull’offesa in sé, ci specifica qualcosa su come la leggiamo.

Parola pubblicata il 09 Novembre 2022