Convalescenza

con-va-le-scèn-za

Significato Stato intermedio fra la fine della malattia e il completo recupero delle forze

Etimologia dal latino tardo convalescentia, derivato di convalèscere ‘riprendere forza, ristabilirsi’, ma anche ‘acquistare valore’, composto di con- e valescere ‘rinforzarsi’.

La grazia di questa parola schiude un momento delicato, di cui è importante avere cura - nel dargli il giusto spazio e anche nell’indicarlo con la giusta parola.

C’è un lasso di tempo fra il momento in cui la malattia è debellata, in cui la fase acuta è passata, in cui ci si è stabilizzati dopo il trauma e il momento della guarigione completa, in cui tutte le forze sono recuperate: questo lasso di tempo è la convalescenza - etimologicamente, il ristabilirsi, fortemente connotato dal carattere incoativo del verbo convalescere, che descrive una fase iniziale (nel caso, in cui si inizia a riprendere forza). È un momento in cui non c’è molto da fare se non riguardarsi, ha la tranquillità dei ritmi della natura, e conosce tutta la gradita bellezza del riprendersi. È anche lo stato che con maggior intenzione, mercé le mille pressanti occorrenze della vita, si cerca di comprimere fino alla trascuratezza: la malattia è finita, quindi ormai sto bene e tutto può riprendere il suo normale fluire. Ma la convalescenza trascurata sa vendicarsi.

Questo termine è usato anche in diritto amministrativo. Infatti si parla di convalescenza di un atto amministrativo nato viziato - e perciò annullabile - nel momento in cui i suoi vizi vengono in un secondo momento eliminati con una convalida, una ratifica o una sanatoria. Ma la convalescenza, in questo caso, è istantanea: non siamo davanti a un atto che si prende del tempo per guarire perbene. Perciò - come spesso accade nel lessico giuridico - è un uso piuttosto sbavato.

Parola pubblicata il 27 Novembre 2016