Diavoleria

dia-vo-le-rì-a

Significato Manifestazione diabolica; atto malvagio; trovata singolare, insolita, bizzarra; invenzione od oggetto tecnologico giudicato strano

Etimologia derivato di diavolo.

In questa simpatica parola riconosciamo la parabola di una vecchiaia serena. C’è stato un tempo, a partire dal XIV secolo, in cui la diavoleria ha strutturato e maturato una chioma frondosa di significati, di cui oggi solo pochi rami sono ancora verdi. Ed è naturale: la linfa del diavolo che scorreva nei discorsi e nell’immaginario condiviso si è in massima parte asciugata.

Quando vediamo questa parola, e ne riconosciamo il suffisso -eria che è proprio anche di nomi astratti tinti di spregio, intendiamo che la diavoleria è in senso lato roba da diavoli. Il che in concreto ha significato dapprima manifestazioni diaboliche compiute direttamente da queste entità maligne, quindi le loro rappresentazioni figurate (nell’affresco sono dipinte diavolerie fantasmagoriche) e anche l’insieme della categoria e delle attività dei diavoli (un po’ come accade con cavalleria e filibusteria); inoltre, ha significato gli atti e i comportamenti umani che da queste entità si pensava potessero essere ispirati, atti malvagi perfino catastrofici, malizie, perfidie, birbonate, fino a discordie e parapiglia. Di questi significati resta pochissimo, in uso.

Il solo ramo ancora florido è quello che fa della diavoleria la bizzarria, la trovata singolare, insolita e volentieri sfumata di genio, e quindi l’invenzione, l’oggetto, la tecnologia, in generale il ritrovato del progresso che a un giudizio non proprio avanguardista paia almeno strano. Il richiamo è naturalmente all’immaginario di stupore disorientato acceso da prodigi diabolici, da magie e malìe mefistofeliche, da quelle concessioni e quei poteri enigmatici non meno che grotteschi cui fa accedere Satana lo stregone. Quando si riferisce alla trovata comunica una delicata sorpresa: l’inizio del romanzo calamita il lettore con un paio di diavolerie davvero magnetiche, si centellinano i racconti di uno scrittore che si ama per non restare mai a secco delle sue diavolerie. Ma il gioco di questa parola prevede che l’ottica sia conservatrice, un po’ rétro se non retriva, e quindi quando ci parla di ritrovati tecnologici il richiamo si fa buffo, piacevolmente autoironico nel migliore dei casi (quello della bisnonna che accetta di imparare a usare quella diavoleria pur di vedere i bisnipoti in videochiamata tutti i giorni), blandamente ridicolo nel peggiore (quello di voi che con le vostre diavolerie non sapete un’unghia di quello che sapevamo noi alla vostra età).

È la linfa dell’esagerazione, ora scherzosa e stupita, ora arrabbiata e spregiosa, a tenere vivo questo ramo, in cui alla figura seria e terribile del diavolo è lasciato solo il potere di stupire come un giallista, come un inventore dai capelli ritti.

Parola pubblicata il 08 Agosto 2019