Epicorio

e-pi-cò-rio

Significato Del luogo, tipico, indigeno

Etimologia dal greco epikórios, composto da epì ‘sopra e kóra ‘paese’.

Questa parola c’è: tanti dizionari la registrano. Eppure è di una rarità tale che viene da domandarsi se siamo davvero davanti a una parola o piuttosto a un fantasma.

Il significato che comunica è netto, e con precisione ci parla del tipico, del relativo a un luogo, dell’indigeno, dipingendo una realtà che letteralmente insiste ‘sopra il paese’. Locale, circoscritta, presente. È un’individuazione che per certi versi appare molto più sobria dell’autoctono, dell’indigeno, del nativo, figuriamoci dell’aborigeno. Non immagina di proiettare il proprio sguardo al primo momento della presenza umana in un posto, né al momento della generazione di un uso: ammette solo l’osservazione della qualifica ‘di paese’. E così non resta nemmeno sul generico come invece fa il ‘locale’ né si sbilancia sul folclore pittoresco come il ‘tipico’ e il ‘caratteristico’. È sì ‘di paese’, ma al modo in cui lo direbbe chi ne studi la lingua, la storia, l’antropologia — sereno e sobrio.

In visita al suo villaggio, l’amica ci fa assistere a una funzione religiosa epicoria, cristiana ma con sorprendenti elementi pagani; il pannello del museo ci spiega a quale alfabeto epicorico appartengano le iscrizioni sulle monete esposte; e nel viaggio a piedi ci accorgiamo di come mutino lentamente, lungo la via, le specialità epicorie che vengono cucinate, al passo del mutare delle pronunce e delle calate epicorie.

Bello, Bello, con un ‘ma’. Si tratta di una parola tarda, attestata nel 1820, ma sembra che sia rimasta a quell’anno (anche perché il numero di attestazioni in questi duecento anni è scarso). In altri termini, è una parola che pur avendo delle carte interessanti da giocare per quanto riguarda la pulizia e la sobrietà del significato, fuor di tecnicismo pare sempre sia pronunciata da uno studioso che indossa tuba e redingote, da una studiosa con gonna voluminosa e camicia con maniche a palloncino. Il che, badiamo bene, non è un difetto: è una caratteristica. Se vogliamo dare al discorso non una ricercatezza vanesia ma una solidità seria, possiamo inserirvi questa parola, che sul quel discorso ha lo stesso impatto che ha un mobile in noce stile Carlo X sull’arredamento di una stanza. Si fa notare, l’armonia va studiata, ma che meraviglia. Senza contare gli usi ironici che se ne possono fare, né quelli tecnici.

(Ah, gira — comunque pochissimo — anche la variante ‘epicorico’. Stessa zuppa, ma è probabilmente determinata dall’influenza dell’inglese epichoric.)

Parola pubblicata il 15 Agosto 2019