Grottesco

grot-té-sco

Significato Bizzarro, deforme, goffo in modo ridicolo e inquietante

Etimologia da grottesca, tipo di decorazione parietale, derivato di grotta.

  • «Il fatto ha suscitato commenti grotteschi.»

Questa è una di quelle parole che è particolarmente importante saper usare bene: si trova a quell’altezza perfetta che non travalica nell’aulico ma che non giace nell’ordinario. Inoltre descrive un concetto di grande precisione e rilievo, che ha un’efficacia espressiva davvero rara. L’etimo però ha uno scarto non banale da ricostruire.

Il grottesco confina col mostruoso. Però il mostruoso può essere terribile e ripugnante anche in una serissima dimensione morale, mentre il grottesco ha una bizzarria, un’irregolarità, una deformità di carattere più sfumato — ridicolo, inquietante.
Ora, non serve uno sguardo linceo per capire che il grottesco deve avere a che fare con le grotte. Ma quali? Le spelonche delle bestie, dei trogloditi? Al contrario.

Il Rinascimento è un periodo di profonda riscoperta (e reinterpretazione) dell’arte classica, e Roma tornò ad attrarre torme di artisti in formazione.
Si racconta che sul finire del Quattrocento un ragazzo, camminando sull’Esquilino, scivolò in una fessura del terreno, e si ritrovò in quella che sembrava una grotta. Era la Domus Aurea di Nerone: quella grotta era decorata con affreschi mai visti, e la scoperta, sul panorama nazionale e internazionale, fu elettrizzante.

In breve lo stile fu copiato e reinventato, in un genere di pitture parietali che prese il nome conseguente di grottesche, facilmente apprezzabili in tutta l’arte rinascimentale. Elementi caratteristici delle grottesche sono lo sfondo di un solo colore piatto, di solito bianco, con figure allegoriche o naturalistiche disposte con forte simmetria, fra cui in particolare spiccano chimere bizzarre, esotiche, estrose.

Una grottesca medicea in uno scatto del fotografo Sailko.

Ma come arriviamo al nostro 'grottesco'?

È in Francia che questo tipo di rappresentazione, mutuata nel grotesque, acquista una dimensione più generale e astratta, indotta dalla fantasia caricaturale delle grottesche. Noi recuperiamo il prestito come aggettivo con questo significato nuovo e ulteriore. Il grottesco è strano, bizzarro, con una nota di goffaggine e una tagliente ambivalenza. Suscita un ridicolo che non ha letizia, anzi può anche destare un’inquietudine che precede la paura. Le figure grottesche rappresentate da Hieronymus Bosch (prendiamo ad esempio il Trittico del Giudizio) possono far sorridere per stramba singolarità, ma le loro difformità allegoriche adombrano minacce perverse; se dico che sono grottesche le domande che vengono rivolte dal giornalista al testimone, le colgo in una qualità sgraziata, caricaturale, irregolare, sotto cui prende forma un atteggiamento predatorio, sconcio, morboso; e non la persona vestita semplicemente con colori assurdi e stravaganti nell’occasione chic, ma piuttosto sarà grottesco lo sfoggio di pellicce di lupo e calzature di serpente. È una bruttezza complessa, penosa e paradossale, che richiede un ridicolo che inquieta, quella del grottesco.

(Forse, per accogliere questa complessità, ci è d’aiuto recuperare — con quello strumento di conoscenza che è l’immaginazione — il sentimento di quel ragazzo romano dell’aneddoto, giovane avo di mezzo millennio fa.
Aperti gli occhi, solo la lama di luce dall’alto gli dà un minimo orientamento dopo il volo, si solleva dolente e guarda intorno. Con contorni incerti, nella penombra, sugli antichi sfondi bianchi delle volte, con simmetrie maestose, meduse e serpenti e pistrici e mostri indecifrabili; mostri come tanti altri delle storie, brutti e deformi e ridicoli prima che spaventosi, ma lì arcani, nel senso e nelle intenzioni, nella loro aula ipogea deserta da più di mille anni.)

Parola pubblicata il 15 Novembre 2023