Inalberare

i-nal-be-rà-re (io i-nàl-be-ro)

Significato Come transitivo, issare sull’albero della nave, alzare, erigere; come intransitivo pronominale, adirarsi improvvisamente

Etimologia composto da un in- illativo e da albero.

Questa è una risorsa linguistica da tenere sempre a mente, specie nel significato di ‘arrabbiarsi’. Ma andiamo con ordine.

Come transitivo, questo verbo descrive la semplice immagine dell’issare sull’albero di una nave: si inalberano vele, bandiere. Questa azione è essenzialmente un innalzare - e perciò ‘inalberare’ si astrae dal contesto marinaresco con questo significato generico (pur connotato a un tempo da un certo sforzo e da una certa stabilità): il capitano della squadra inalbera la coppa davanti ai fotografi, nel tagliare la legna lo zio inalbera l’ascia con fare teatrale prima di toppare clamorosamente il colpo.

Questo innalzare ha suggerito un uso particolare (come intransitivo pronominale) in riferimento ai cavalli, che si inalberano quando si sollevano sulle due zampe posteriori. L’altro verbo che descrive quest’azione è ‘impennarsi’, termine che condivide la stessa origine arborea, richiamando in specie il pino.

Ora, un cavallo inalberato non è proprio l’immagine della tranquillità serena, anzi: ha tutti i colori del turbamento improvviso, e figuratamente della superbia. Così l’inalberarsi passa a significare il montare in rabbia - più orgogliosa che violenta. Si inalbera l’automobilista quando gli si fa notare che ha parcheggiato sulle strisce pedonali, si inalbera il relatore davanti alla critica penetrante e inattesa, si inalbera l’amico che non sa perdere quando lo stracciamo a biliardo.

Nel suo significato di ‘arrabbiarsi’ è una parola compassata come poche altre: è controllata, ed esprime senza acri sbavature un sentimento altrimenti turbolento, dai contorni agitati. Le parole agiscono sulla realtà: se dico «Mi sono incazzato come una bestia» il mio stesso sentimento è investito dai caratteri violenti di ciò che ho pronunciato. Se dico «Mi sono decisamente inalberato», eccomi sì ancora adirato e orgoglioso, ma padrone e composto.

Parola pubblicata il 28 Settembre 2016