Inostrare

i-no-strà-re (io i-nò-stro)

Significato Ornare, tingere di porpora; colorare di rosso; macchiare di sangue

Etimologia composto parasintetico di ostro ‘porpora’, che è dal latino ostrum, il quale viene dal greco óstreon ‘ostrica’, ma anche ‘porpora’.

È una parola la cui rarità si sposa bene con la preziosità di ciò che denota; ma vedremo che ci sono motivi abbastanza persuasivi che possono portare a ricorrervi.

Si tratta di un bel verbo che s’impernia sull’ostro, ossia la porpora; e per collocare questo termine correttamente nella geografia delle parole, merita subito avvicinarlo all’ostrica, con cui è etimologicamente imparentato. In realtà la porpora non si ottiene dall’ostrica, ma dal murice comune - né gli antichi li confondevano. Ma con un po’ di approssimazione l’eccellenza dell’ostrica e della porpora si è ritrovata significata, in greco, da un’unica parola, óstreon: ostrica e ostro, quindi, ci parlano sempre di molluschi. Passata in latino si è biforcata: ostrea per l’ostrica, che poi subendo l’influsso del greco ostrakon (‘conchiglia’, quella di ‘ostracismo’) avrebbe assunto le fattezze attuali, ostrum per l’ostro, la porpora.

L’inostrare (o anticamente ‘innostrare’) è quindi l’ornare, il tingere di porpora un abito; un atto che al giorno d’oggi non sembra avere un significato di rilievo. Ma nell’antichità la veste variamente decorata di porpora aveva assunto il grado di ornamento supremo, di sommo sfoggio di ricchezza, potere, onore - a Roma erano orlate di porpora le toghe degli antichi re, erano interamente di porpora le toghe dei generali in trionfo. La porpora era costosissima, dopotutto: serviva un’ecatombe di murici per colorare un solo panno.

Comunque, perduta l’ossessione per la porpora e perduto questo nesso fra porpora e dignità, il significato di ‘ornare di porpora’ non può che essere recessivo. Restano invece forti i significati più generici che possiamo ricondurre al colorare di rosso (poi porpora non è solo un rosso, certi porpora sono più un viola, ma non impelaghiamoci). Ora, per questo significato abbiamo al nostro arco anche l’imporporare; ma vuoi per il suono un po’ lezioso, vuoi per un riferimento alla porpora un po’ troppo squadernato e affettato, vuoi per l’inevitabile spazio gaio e sciocchino che si sono prese le porporine, l’imporporare si è fatto parecchio delicato - un velo aereo. Sarebbe strano dire che il vino rovesciato imporpora il lino della tovaglia. Invece dire che il vino rovesciato ne inostra il lino è calzante, incisivo. C’è un che di più materiale, più forte, nell’inostrare. Il tramonto imporpora il cielo nei romanzi vezzosi; invece dopo un gran temporale è facile che il tramonto inostri il cielo. Se dico che un imbarazzo gli inostra le guance, non sto descrivendo un’erubescenza svenevole, ma un avvampare acceso. E un taglio profondo alla mano mi inostra la manica della camicia - figuriamoci quanto è prosaico dire che il sangue arrossa la camicia, quanto è estetizzante dire che la imporpora. In un suono ruvido, l’inostrare ci rende il contrasto del colore più suggestivo.

È una parola rara, e poco conosciuta; ma nella sua ricercatezza non è leziosa, e sviluppa una potenza schietta, che prosegue in maniera intensa un discorso millenario sulla porpora che sembrava definitivamente passato. Peraltro, una volta inteso che cosa sia l’ostro, è anche relativamente facile da usare.

Parola pubblicata il 11 Aprile 2019