Oleografico

o-le-o-grà-fi-co

Significato Di stampa che imita un dipinto ad olio; stereotipato, banale

Etimologia composto da oleo olio e grafia scrittura, disegno.

Il dipinto a olio è un’entità molto alta; si tratta di oggetti d’arte, unici, preziosi, e se in casa ne abbiamo sono conservati come cimeli di valore. Si affollano invece nella silenziosa bellezza dei nostri musei. Ci portano alla mente la studiosa, secolare cura dell’artista che mescola il pigmento all’olio, al gesto lieve del pennello che si intinge nel composto e che traccia linee sottili sulla tela, all’impressionante profondità e all’incredibile vita che questa tecnica riesce a dare ad una tela inerte e bidimensionale.

Con un particolare tipo di stampa su tela, denominato appunto oleografia, nell’800 si è inteso dare maggior diffusione alla bellezza di questo tipo di dipinto; infatti doveva riuscire a riprodurre quella complessità cromatica propria dei dipinti a olio, senza il bisogno dell’alto ufficio di un pittore. Il risultato, però, non era dei migliori: infatti l’opera così ottenuta si ritrovava ad essere snaturata nella sua caratteristica più importante, che è l’unicità. L’oleografia diventa quindi per antonomasia qualcosa di privo di originalità - e alla fine, anche privo di gusto. Anche perché la gran massa di dipinti stereotipati nelle oleografie non sembra fossero proprio tutte Dame con l’ermellino o dipinti di chissà quale spessore artistico, ma indulgessero spesso su soggetti stucchevolmente ameni, arcadici.

A una tavolata di persone sconosciute si potrà rimanere colpiti dall’oleografia delle loro presentazioni; l’aspirante pittore si potrà produrre in tele oleografiche, prive di forza e smalto; si potrà constatare con un certo sprezzo quanto i desideri comuni di certe persone siano malamente oleografici.

Parola pubblicata il 18 Maggio 2013