Sfinge

sfìn-ge

Significato Mostro mitologico con corpo di leone e testa umana; persona enigmatica

Etimologia dal greco: sphinx, probabilmente affine a sphingein stringere.

Nella mitologia mesopotamica, egizia e greca, la sfinge è un essere ibrido, con corpo di leone e testa umana - e talvolta ali di rapace e un serpente al posto della coda. La sua natura non è univoca: in Egitto la sfinge è la misteriosa custode delle piramidi - silenziosa, serena, che pare antica come la terra stessa; la testa del defunto viene posta sul corpo di leone forse per significare una comunanza spirituale con Sekhmet, la dea leonessa, protettrice dell’ordine del mondo. In Mesopotamia la figura della sfinge si sovrappone a quella dei lamassu, creature dalla testa umana e dal corpo alternativamente di leone o di toro, munite anche di ali; venivano considerate entità benefiche, sinolo di forza e saggezza, le cui statue erano poste a protezione di città e palazzi. Nel mito greco la Sfinge è invece una creatura unica, figlia di Tifone ed Echidna, che si inserisce nella storia di Edipo: infatti la Sfinge era un mostro che flagellava Tebe, proponendo enigmi ai passanti e divorando chi non riusciva a risolverli.

Si tratta di una parola tanto antica quanto elegante. Oggi per sfinge si intende una persona sorniona, impenetrabile, che cela i propri sentimenti e il proprio sapere dietro un atteggiamento indecifrabile - attingendo sia all’essere enigmatica della sfinge greca, sia all’aspetto impassibile e solenne di quelle egizie. In un gruppo di amici ci si interrogherà su che cosa pensi un conoscente comune che si comporta come una sfinge; chi in una discussione si ritrova a sostenere una posizione debole si potrà arroccare su espressioni da sfinge; il politico potente e che conosce ogni cosa potrà essere soprannominato “sfinge”.

Nota mitologica extra: chi era la Sfinge nel mito greco?

Tifone ed Echidna erano mostruose entità primordiali che, prima di attentare alla sovranità di Zeus tentando il golpe e fare una brutta brutta fine, ebbero modo di dare alla luce una vasta prole; i nuovi nati crebbero come figli d’arte, e divennero tutti celebri nel campo delle mostruosità: fra di questi troviamo la Chimera, l’Idra, Cerbero e ovviamente la Sfinge. I pranzi la domenica in famiglia erano un pandemonio.

Ora, la Sfinge trovò un onesto impiego su raccomandazione della dea Era: era accaduto che i Tebani facessero quel solito zerovirgola capace di scatenare la devastante ira celeste, e la punizione ingegnata da Era fu proprio quella di mandare la Sfinge a bivaccare sulle rupi all’ingresso della città - sapendola ghiotta di passanti. Ma come ogni buon felino la Sfinge adorava giocare con la sua preda, e memore di alcuni indovinelli che le avevano spiegato le Muse si mise a sparare enigmi a tutti quelli che passavano di lì: chi indovinava la soluzione aveva salva la vita. Nessuno indovinava la soluzione.

La situazione col tempo si era fatta insostenibile, il numero di persone che la Sfinge si pappava aumentava di giorno in giorno e il re Creonte arrivò a promettere il trono e la mano di sua sorella Giocasta a chiunque fosse stato in grado di liberare Tebe dal flagello della Sfinge. Per le vicissitudini di una storia astrusa accadde che Edipo arrivasse a Tebe proprio in quel periodo, ignaro del pericolo sfingesco. Il felino alato gli venne incontro proponendogli un indovinello: quale è quell’animale che al mattino cammina su quattro zampe, al pomeriggio su due e alla sera su tre? Edipo rispose “l’uomo”, dando così la risposta giusta. Infatti (e non diciamo niente di nuovo) da piccolo l’uomo gattona, poi impara a camminare su due gambe e da vecchio si appoggia a un bastone. Nessuno ci era arrivato prima di lui. Edipo era un genio? Più probabilmente abbiamo scoperto perché Tebe era la capitale della Beozia. Fatto sta che la Sfinge, un po’ perché insoddisfatta del proprio mestiere - i fratelli erano chi a servizio del Re dell’Ade, chi a incenerire intere regioni, chi a combattere Ercole, e lei invece a bivaccare in campagna facendo quiz -, un po’ umiliata dal fatto che Edipo avesse indovinato il suo enigma migliore e di non saperne poi altri, si gettò in un crepaccio. E quella fu la fine, triste, della Sfinge.

Comunque andò male pure a Edipo: divenne re, e sposò Giocasta senza sapere che era sua madre. Poi lo vengono a sapere e… avete presente quelle storie in cui si tocca il fondo ma sul fondo c’è la botola? Ecco.

Parola pubblicata il 07 Maggio 2013