Le parole in ‘Helgoland’
Parole rappresentative da notare in ‘Helgoland’, ultimo libro del fisico Carlo Rovelli, edito da Adelphi
Carlo Rovelli non è solo un fisico e un divulgatore di prim'ordine sulla scena internazionale. Ha un merito estremamente speciale, che riguarda precisamente il modo che ha di parlare di fisica — che ha dei riflessi linguistici notevoli.
Siamo abituati alla divulgazione scientifica strepitosa, entusiasmante, che rincorre l'esagerazione per tenere accesa passione e attenzione; siamo anche abituati ad amare la divulgazione ironica, che ci diverta sapientemente mostrando e sovvertendo convinzioni, accompagnandoci in narrazioni architettate in modo brillante. Rovelli fa tutta un'altra cosa.
Rovelli usa la chiave della malinconia. I suoi libri sono campiti con un sentimento di malinconia serena, epicurea, che parlando di fisica inchioda all'indagine filosofica più lieve e penetrante. Lo scherzo è misurato, l'entusiasmo è compreso, ogni spigolo è smussato, l'approdo all'enigma è problematico ma insieme contemplativo.
Nel suo ultimo libro, Helgoland, edito da Adelphi e uscito proprio in questi giorni di settembre, tratteggia l'origine e le interpretazioni della disciplina della meccanica quantistica, che sconfina ampiamente nell'inimmaginabile; sarebbero molte le parole che domanderebbero attenzione, anche fra quelle non tecniche. Ne ho scelto il solito manipolo rappresentativo.
Radicale
Prima di arrivare alle idee che trovo più convincenti, nel prossimo capitolo, qui sotto riassumo le alternative e più discusse. Vengono chiamate «interpretazioni della meccanica quantistica». In un modo nell'altro ci chiedono tutte di accettare idee molto radicali: universi multipli, variabili invisibili, fenomeni mai osservati, e altre bestie strane. [pag. 67]
Il termine 'radicale' ricorre diverse volte nel libro, specie quando inizia a entrare nel vivo, quando comincia la salita, sempre riferito alle nuove idee, ai nuovi paradigmi suggeriti dalla meccanica quantistica. Curiosamente è un termine che siamo abituati a cucire su opinioni: ha un'abituale dimensione politica, civile, magari anche religiosa. Parlare della radicalità di un paradigma scientifico ha una forza speciale, quella della prossimità all'immagine stessa della radice, col suo coinvolgimento profondo, che investe l'essenza di un modo di pensare e interpretare il mondo, e richiede una riconsiderazione che risale fino ai punti stessi di ancoraggio alla terra, alla realtà.
Ci sono tanti esempi simili: accettare l'idea che la Terra sia una sfera significa accettare l'idea che «alto» e «basso» non siano nozioni assolute bensì relative a dove ci troviamo sulla Terra. La relatività speciale di Einstein è la scoperta che la nozione di simultaneità è relativa allo stato di moto di un osservatore, e così via. La scoperta della teoria dei quanti e solo un po' più radicale: è la scoperta che tutte le proprietà variabili di tutti gli oggetti sono relazionali, come lo è la velocità. [pag. 90]
La certa qual carica politica di queste idee è evidente anche grazia a un arcipelago di parole consimili. Se pensiamo a una sovversione, le immagini che ci si formano in mente sono profondamente ancorate a un ordine sociale. Ma Rovelli scrive:
[...] è un pensiero in movimento continuo, la cui forza è proprio la capacità di rimettere sempre in discussione ogni cosa e ripartire, di non aver paura di sovvertire un ordine del mondo per cercarne uno più efficace, e poi rimettere ancora tutto in discussione, sovvertire tutto di nuovo. [pag. 82]
Grammatica
Il parallelismo fra il mondo da comprendere e un libro da leggere, o semplicemente un linguaggio da comprendere, è forte e con antecedenti illustri. Pensiamo a Galileo nel Saggiatore: «[il libro dell'universo] non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola».
Rovelli, cercando di rappresentare il modo in cui ci avviciniamo alla comprensione del mondo, usa e ripete la figura della grammatica — disciplina condivisa da tutti e però con tratti esoterici (come magari qualcuno ricorda rispetto ai caratteri fatati del glamour che ne deriva).
Nei secoli successivi abbiamo capito aspetti della realtà, scoperto grammatiche nascoste, trovato strategie per i nostri obiettivi. Il pensiero scientifico ha tessuto un complesso edificio dei saperi. [pag. 81]
È la grammatica della nostra comprensione della realtà che dobbiamo accettare di modificare, come quando Anassimandro comprese la forma della Terra cambiando la grammatica delle nozioni di «sopra» e «sotto». [pag. 94]
Sfrangiato (ma anche increspatura, merletto, grana...)
La solidità del mondo fisico sembra essersi sciolta nell'aria come le torri coronate di nubi e i palazzi meravigliosi di Prospero. La realtà si è sfrangiata in un gioco di specchi. [pag. 194]
Un altro filone di metafore a cui Rovelli ricorre spesso è quello con cui tenta di descrivere la nuova consistenza della realtà, che si distingue dall'esperienza comune, media, mesoscopica, grazie alla luce della fisica. Già ne L'ordine del tempo (Adelphi, 2017) ricorreva spesso al concetto di sfocatura. Qui contrappone la solidità piena del mondo che diamo per scontata a una panoplia di immagini delicatissime attraverso le quali cerca di significare il modo in cui, di realizzazione in realizzazione, tutto si fa più impalpabile, rarefatto (anche queste suggestioni ricorrenti nelle sue opere): «un mondo con una trama rada come un merletto di Burano» (p. 92), «la grana fine delle cose è questo strano lieve mondo» (p. 95), «quell'io che credeva di essere completamente indipendente e totalmente libero… per questo alla fine si riconosce come solo un'increspatura, in una rete di reti...» (p. 196).
Un esempio di divulgazione che, specie per la concreta irrappresentabilità dei concetti che espone, deve fare ricorso a una ricchezza lessicale, e si dica pure poetica, fuori dal comune. Il clamoroso successo di Rovelli ha anche un fondamento linguistico.