Etimologia dal latino: exilium, derivato da exul esule, che secondo l’etimo classico era composto da ex fuori e solum terra. Lontano, via dalla (propria) terra.
Pena tanto patita, grande motivo di mesto canto per artisti di tutta la storia umana (e chissà quante meste voci non ci sono arrivate), situazione densa di nostalgie, di impotenza, e di rabbia - eppure pena intuitiva, comune ad ogni società. L’allontanamento da ciò che hai di caro, da casa, dalla propria terra, senza poter tornare.
Oggi l’esilio è una pena che non esiste più. Forse esiste, in nuove forme, per i fuoriusciti dalle dittature, dai paesi in guerra, dai paesi troppo poveri - dai paesi che non offrono possibilità ai giovani brillanti. Ma l’esilio, per essere esilio, necessita del legame con la propria terra - che a parte una vaga e generalizzata simpatia per il posto dove si è cresciuti è diventato un requisito raro. Quanti sanno parlare delle fioriture di casa loro?
Forse, per intendere che cosa sia l’esilio, bisogna parlare con un esiliato - e di esuli per povertà, nelle nostre città, ce ne sono tanti. Forse è specchiandoci nel sentimento del ragazzo senegalese che ti parla del profumo dei giardini quando le banane maturano, o dei campi di canna da zucchero di notte, o di come sono intonacate di bianco le case di Saint Louis, o dei genitori anziani e lontanissimi, o della figlioletta nata ma ancora mai vista, forse è specchiandoci in questo che i nostri occhi disincantati possono tornare a casa, a casa loro (che hanno intorno ma in cui non sono), dal loro esilio globalizzato - dappertutto ma in nessun posto.
Pena tanto patita, grande motivo di mesto canto per artisti di tutta la storia umana (e chissà quante meste voci non ci sono arrivate), situazione densa di nostalgie, di impotenza, e di rabbia - eppure pena intuitiva, comune ad ogni società. L’allontanamento da ciò che hai di caro, da casa, dalla propria terra, senza poter tornare.
Oggi l’esilio è una pena che non esiste più. Forse esiste, in nuove forme, per i fuoriusciti dalle dittature, dai paesi in guerra, dai paesi troppo poveri - dai paesi che non offrono possibilità ai giovani brillanti. Ma l’esilio, per essere esilio, necessita del legame con la propria terra - che a parte una vaga e generalizzata simpatia per il posto dove si è cresciuti è diventato un requisito raro. Quanti sanno parlare delle fioriture di casa loro?
Forse, per intendere che cosa sia l’esilio, bisogna parlare con un esiliato - e di esuli per povertà, nelle nostre città, ce ne sono tanti. Forse è specchiandoci nel sentimento del ragazzo senegalese che ti parla del profumo dei giardini quando le banane maturano, o dei campi di canna da zucchero di notte, o di come sono intonacate di bianco le case di Saint Louis, o dei genitori anziani e lontanissimi, o della figlioletta nata ma ancora mai vista, forse è specchiandoci in questo che i nostri occhi disincantati possono tornare a casa, a casa loro (che hanno intorno ma in cui non sono), dal loro esilio globalizzato - dappertutto ma in nessun posto.