Jodel

jò-del

Significato Effetto vocale cantato che si ottiene passando velocemente dalla voce di petto a quella di falsetto e viceversa, alternando ampi salti melodici di sesta, di settima e d’ottava, anche consecutivi, tipico dei canti di montagna della Svizzera e del Tirolo; genere della musica popolare che utilizza questa tecnica esecutiva

Etimologia prestito moderno dal tedesco Jodel, ‘canto in falsetto’ caratteristico dei montanari tirolesi, per imitazione onomatopeica della sillaba jo.

Cosa urla Tarzan quando si batte il petto e si lancia da una liana all’altra? Jo-o-o-o-ooo! Il buon Greystoke non intendeva certo intonare uno jodel, ma il suo grido gli assomiglia, visto che sfoggia quel particolare effetto vocale (petto-falsetto-petto), tipico degli jodel montanari. Lo jodel è infatti il più conosciuto tra i canti tradizionali alpini e nel passato ha riscosso grande popolarità internazionale.

Gli etnomusicologi applicano il significato di questa parola anche in senso lato, includendo nell’area semantica dello jodel tutte le manifestazioni canore tradizionali in cui si alternano voce di petto e voce di testa, come avviene ad esempio presso i pigmei Aka o tra i Boscimani, fino ai melanesiani delle Isole Salomone… dalle Alpi all’Oceano Pacifico.

Emanuel Schikaneder, librettista del celeberrimo Flauto magico mozartiano, intorno al 1796 scrisse il testo per l’opera comica in tre atti Der Tyroler Wastl, che segna la prima occorrenza letteraria della parola jodel. Questa proviene dal tedesco jodeln ‘emettere la sillaba jo’; anche jolen, urlare, compare in numerosi documenti dal 1540 in poi, mentre la d potrebbe essere stata acquisita dal verbo dudeln, che sin dal Seicento significava suonare, strimpellare, o dalla sillaba du utilizzata in alcuni gorgheggi jodel.

Lo studioso Walter Wiora fece risalire la parola latina jubilus alla radice linguistica comune ‘io’, dalla «peculiare forza acustica», associando la giubilazione sacra a grida di gioia o d’incitamento presenti in altre culture, tra cui lo jodel alpino.

Intorno al 1800, i cantori popolari tirolesi itineranti probabilmente agevolarono la ricezione della parola nella lingua scritta. Accolti con favore dapprima a Vienna e poi in Europa, divulgarono i loro canti tradizionali, raggiungendo così anche le orecchie di scrittori e musicisti.

Due casi celebri: nel 1828 Goethe scrisse una lettera all’amico Carl Friedrich Zelter dimostrando interesse verso questa realtà musicale. Beethoven compose invece cinque canzoni tirolesi, tra cui la famosa Wann i in der Früh aufsteh (1815). I cantanti classici odierni le eseguono impiegando la tecnica vocale utilizzata nella musica cólta, ma visto che tali composizioni beethoveniane citano popolari temi tirolesi, c’è da chiedersi se i cantanti professionisti dell’epoca non s’ispirassero maggiormente alle voci dei loro colleghi folk.

Durante il tour di debutto in Nord America (1839–1843), la famiglia Rainer, originaria del Tirolo austriaco, fece conoscere al pubblico locale i propri canti popolari e gli jodel alpini. Gli statunitensi ne furono entusiasti e finirono per assimilare questa tecnica, contaminando il ragtime e il blues. Negli anni Venti del Novecento Riley Puckett e Jimmie Rodgers introdussero lo jodel anche nella musica country americana.

Oggi lo jodel è ancora praticato nelle Alpi, soprattutto da cantanti maschi, ma l’altra metà del mondo non è da meno.

C’è poi una sospetta citazione di jodel anche fra gli operisti italiani. Nel 1840 fu rappresentata per la prima volta La fille du régiment di Gaetano Donizetti, ambientata in Tirolo. Una delle arie più famose dell’opera è Qual destin, tra i più audaci cavalli di battaglia dei tenori di tutto il mondo, poiché presenta all’acuto per ben nove volte la nota Do4. La tecnica di canto dell’epoca non prevedeva il ricorso quasi esclusivo al registro di petto, come avviene oggi. Chissà se i ripetuti salti d’ottava sul famigerato Do intendessero richiamare i salti dello jodel? Tra l’altro il Do di petto (il Do4), nota estrema della voce del tenore, ha costretto diversi cantanti a eseguire l’aria un tono sotto per evitare stecche.

Ma lasciando da parte queste ipotesi, lo jodel più conosciuto è probabilmente la Tirolese dei nani, che ha accompagnato generazioni di bambini in un mix di musica proveniente dai pascoli alpini, dal jazz e dai ritmi esotici rielaborati oltreoceano.

Parola pubblicata il 04 Settembre 2022

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