Moneta

mo-né-ta

Significato Dischetto metallico usato come mezzo di scambio per beni e servizi; valuta di uno Stato

Etimologia dal latino: moneta, attributo della dea Giunone, che significa “colei che avverte”.

La storia di questa parola è stupefacente. Infatti l’epiteto di Giunone è legato ad un episodio storico molto particolare - che ci giunge un po’ romanzato.

Correva l’anno 390 a.C., e i Galli Senoni, guidati da Brenno, stavano assediando il Campidoglio. Ma come ci erano arrivati? Poco tempo prima l’espansione dei Galli era giunta a bussare alla porte di Chiusi, la qual città aveva chiesto aiuto a Roma. Roma mandò tre diplomatici per cercare di trattare coi Galli, ma invano. Cioè, uno dei diplomatici, tratto fuori il pugnale, aveva ucciso uno dei capi dei Galli. Che come mossa diplomatica fa un po’ acqua. I tre riuscirono a tornare a Roma: Brenno, eccependo una certa qual violazione del costume circa le ambascerie (che tendenzialmente non dovrebbero causare morti), richiese a gran voce la testa dei tre. I quali però non solo non vennero consegnati, ma furono insigniti di importanti cariche pubbliche. Calcato in capo l’elmo con le ali (tale a quello di Asterìx), Brenno radunò i suoi uomini, lasciò Chiusi libera e marciò invece verso Roma a spada sguainata. Roma si trovava quindi nella situazione di chi si vede caricato da un rinoceronte - e davanti all’imminente attacco la gente iniziò a fuggire. Il Senato tentò una leva generale, e preparò le difese. Purtroppo il supereroe di Roma, Furio Camillo, era in esilio per certe sue posizioni circa la plebe. Diciamo che non era un Mandela. Ovviamente fu subito richiamato, ma dannazione, ci avrebbe messo un po’ per mettere insieme un esercito e arrivare.

Le prime forze schierate per fronteggiare i Galli furono spazzate via, e Brenno e i suoi irruppero nella città e la saccheggiarono, facendo fuori tutti i vecchi Senatori che, soli, attendevano nella Curia: ma resisteva ancora il Campidoglio, rocca in cui i Romani proteggevano i loro templi - e il loro oro. Non era facile penetrare il Campidoglio: la leggenda vuole che i Galli avessero però trovato o scavato un passaggio segreto attraverso cui far breccia nelle ultime difese romane. E qui entra in gioco Giunone. Animali sacri alla dea, che vivevano nel suo tempio, erano le oche - poiché sacre, praticamente gli unici animali che ancora non erano caduti sotto la fame degli assediati. Quando i Galli, nottetempo, tentarono l’irruzione, le oche si misero a starnazzare, a urlare, a berciare tanto che tutti i Romani si svegliarono - e prese le armi ricacciarono l’invasore. Ma sarebbe stata solo questione di tempo, gli assedianti avrebbero vinto. Quando Brenno propose un prezzo per levare l’assedio e concludere la guerra, i Romani accettarono. Anche se pagare mille libbre d’oro scoccia. Ma al momento del pagamento i Romani si resero conto che la bilancia dei Galli era truccata! Alle lamentele dei Romani Brenno rispose “Vae victis!” “Guai ai vinti!”, e gettò sui pesi della bilancia anche la propria spada, aumentando il prezzo da pagare. Come a dire: avete perso, e ciò che è giusto lo decido io.

Secondo il racconto di Livio, ancora il riscatto non era stato pagato che finalmente Furio Camillo arrivò. E arrivando al Campidoglio sguainò la pesante spada sotto il naso di Brenno, dicendo “Non auro, sed ferro, recuperanda est patria” “Non è con l’oro, ma col ferro che si riscatta la patria”. Ci fu una gran battaglia e i Galli furono ricacciati a nord. Secondo altri Furio Camillo arrivò più tardi, e riuscì soltanto a recuperare il bottino di guerra; secondo altri ancora Brenno riuscì a portarsi tutto via.

Ma comunque Giunone si era ben guadagnata il suo appellativo, visto che era grazie all’avvertimento delle sue oche che Roma non era caduta - e quando sul Campidoglio fu aperta la zecca, proprio a due passi dal tempio di Giunone Moneta, ci volle poco perché si iniziasse a chiamare moneta il denaro che lì veniva coniato.

E sì, quando davanti alla macchinetta automatica del caffè ti domandi se hai in tasca qualche moneta, usi quella parola perché duemilaquattrocento anni fa delle maledette oche hanno fatto casino la notte giusta.

Parola pubblicata il 21 Marzo 2013