SignificatoPezzo del gioco degli scacchi; nel gioco, attacco a un pezzo, in particolare al re; riquadro, casella
Etimologia dal persiano: shah re, dall’espressione shah mat il re è morto, da cui scaccomatto.
Nato in India e giunto in Europa attraverso i Persiani e gli Arabi, il gioco degli scacchi ha conquistato nel mondo il trono del principe dei giochi: come nessun altro prova l’intelligenza, la fantasia, l’audacia e l’onestà del giocatore.
La storia di questa disciplina è lunghissima e costellata di aneddoti eminentissimi: scandisce i secoli della politica - dall’arrivo in dono a Carlo Magno della prima scacchiera dal califfo Harun al-Rashid fino alla spallata che l’americano Fischer diede alla cortina di ferro nel ‘72 battendo il campione sovietico Spasskij; si rivela cifra del passaggio della scienza dall’intuizione al calcolo - dalla scuola brillante di Anderssen e Morphy fino a Kasparov che batte il supercomputer Deep Blue; racconta l’importanza dell’indole dello scacchista (cioè dell’uomo) nei suoi traguardi - dallo psicologo Lasker, al lineare e solidissmo Capablanca, all’irruento Alechin.
Può non interessare il gioco, può annoiare o non essere nelle proprie corde: ma l’influsso che nella nostra cultura esercita sul pensiero e quindi sulla lingua è poderoso, e lo è da secoli.
Nel nostro caso il dare scacco, il mettere in scacco è espressione di un attacco diretto, potente, minaccioso - come forse solo chi si ritrovi col re scoperto sa cogliere - e al tempo stesso trionfale, vittorioso - come forse solo chi pregusti lo scaccomatto sa essere.
Nato in India e giunto in Europa attraverso i Persiani e gli Arabi, il gioco degli scacchi ha conquistato nel mondo il trono del principe dei giochi: come nessun altro prova l’intelligenza, la fantasia, l’audacia e l’onestà del giocatore.
La storia di questa disciplina è lunghissima e costellata di aneddoti eminentissimi: scandisce i secoli della politica - dall’arrivo in dono a Carlo Magno della prima scacchiera dal califfo Harun al-Rashid fino alla spallata che l’americano Fischer diede alla cortina di ferro nel ‘72 battendo il campione sovietico Spasskij; si rivela cifra del passaggio della scienza dall’intuizione al calcolo - dalla scuola brillante di Anderssen e Morphy fino a Kasparov che batte il supercomputer Deep Blue; racconta l’importanza dell’indole dello scacchista (cioè dell’uomo) nei suoi traguardi - dallo psicologo Lasker, al lineare e solidissmo Capablanca, all’irruento Alechin.
Può non interessare il gioco, può annoiare o non essere nelle proprie corde: ma l’influsso che nella nostra cultura esercita sul pensiero e quindi sulla lingua è poderoso, e lo è da secoli.
Nel nostro caso il dare scacco, il mettere in scacco è espressione di un attacco diretto, potente, minaccioso - come forse solo chi si ritrovi col re scoperto sa cogliere - e al tempo stesso trionfale, vittorioso - come forse solo chi pregusti lo scaccomatto sa essere.
Insomma, una parola di nobiltà sublime.