Categoria

ca-te-go-rì-a

Significato Determinazione che permette di descrivere un ente; insieme di cose o persone con caratteristiche, proprietà comuni; classe o gruppo sociale, professionale e simili

Etimologia voce dotta recuperata dal latino categoria ‘accusa, categoria logica’, prestito dal greco kategoría ‘accusa, attributo, predicato’, da kategoréo ‘io accuso, affermo, mostro’.

In un saggio del 1952, lo scrittore argentino Jorge Luis Borges cita un'immaginaria enciclopedia cinese secondo la quale «gli animali si dividono in: (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) maialini da latte, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno appena rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche».

Se una tale classificazione ci appare strampalata, è soprattutto perché ci aspettiamo che le categorie raggruppino le cose secondo tratti distintivi rilevanti: nel caso degli animali, essere mammiferi, rettili, uccelli o pesci ci pare significativo e pertinente, mentre agitarsi come pazzi o essere disegnati con un certo pennello no. Inoltre, di norma una classificazione è ordinata gerarchicamente, dal particolare al generale (specie, genere, famiglia, ordine…). Nella vita quotidiana, naturalmente, le categorie sono meno universali e sistematiche, associando cose e persone in base alla comunanza anche di una sola caratteristica non essenziale: così lo stesso individuo può far parte della categoria dei metalmeccanici, di quella dei pendolari, dei calciatori seniores, dei celibi ecc.

Quando si è filosofi, però, è naturale spingersi più in là, accarezzando l'idea di suddividere in categorie tutto l'essere. È quello che ha fatto Aristotele (384-322 a.C.), al quale dobbiamo la seguente lista: sostanza, quantità, qualità, relazione, dove, quando, stare, avere, agire, patire. Questi erano per lui i generi massimi dei predicati (kategoría in greco era in origine 'accusa', poi ‘predicato, attributo’), ossia ciò che si può dire di più generale sull'essere, ma anche i generi massimi nei quali possono essere unificati tutti gli enti. Le categorie, cioè, hanno una valenza tanto logico-linguistica quanto ontologica, poiché contengono tutti i modi in cui esiste e si dice l'essere, ordinati in senso gerarchico, dal particolare al generale. Partendo dal determinato dolce o salato di ciò che sto mangiando, ad esempio, giungo al concetto di sapore, che li unifica, così come il verde o il rosso del mio vestito sono contenuti nel concetto di colore. Infine il colore e il sapore, a loro volta, sono accomunati nella qualità, che è una categoria in quanto ultima generalizzazione possibile in quella sfera dell'essere.

Ma anche tra le categorie c'è una gerarchia. O meglio, sono tutte sullo stesso piano eccetto la sostanza. Qualità, quantità, relazione ecc. esistono solo in rapporto a una sostanza: una pianta, un animale, un tavolo sono soggetti, mentre il verde, il selvatico o il robusto sono loro predicati, determinazioni, accidenti. La categoria di sostanza, poi, si articola in non vivente e vivente, e il vivente in vegetale e animale (che può essere cavallo, uomo ecc.), fino ai singoli individui, ad esempio Bucefalo e Socrate. Questi ultimi non possono essere predicati di niente e nessuno, mentre è di essi che si dicono tutti i predicati, non solo quelli della loro categoria ma anche delle altre. Perciò Aristotele chiama gli individui sostanze prime, mentre i generi della sostanza (uomo, animale, vivente…) sono sostanze seconde: i singoli uomini preesistono alla specie 'uomo' e al genere 'animale' e ne sono la condizione di esistenza. Insomma, non solo la sostanza è il vero essere, ma la specie è più sostanza del genere e gli individui sono più sostanza di tutti: rispetto a Platone, per cui le idee erano più vere delle cose sensibili, un ribaltamento bello e buono.

Ecco perché Raffaello, affrescando le Stanze vaticane, nella Scuola di Atene ha raffigurato Platone e Aristotele in posture divergenti: il primo col dito verso l'alto, ad indicare il mondo iperuranio, sede delle idee; l'altro col palmo della mano rivolto a terra, a significare che quella è la vera realtà.

Ma oggi che ce ne facciamo delle categorie di Aristotele? Niente; possiamo anche dimenticarle. Tanto, verranno loro a trovarci ogni volta che, riflettendo sulla lingua, useremo le categorie di soggetto, predicato, attributo, avverbio, forma attiva, forma passiva e altre: tutti strumenti che ci servono a capire come funziona ciò che diciamo e pensiamo, e magari a dirlo e pensarlo meglio.

Parola pubblicata il 04 Gennaio 2022

Le parole e le cose - con Salvatore Congiu

I termini della filosofia, dai presocratici ai giorni nostri: l’obiettivo è sfilare parole e concetti dalle cassette degli attrezzi dei filosofi per metterli nelle nostre — rendendo ragione della dottrina con la quotidianità. Con Salvatore Congiu, un martedì su due.