Etimologia neologismo coniato dal filosofo inglese J. Bentham, appare per la prima volta nel 1834 in un suo trattato postumo; dal greco: deon dovere e logos discorso, studio.
La deontologia inizia a respirare partendo dal presupposto che il fine non giustifica i mezzi, ma che il fine è il mezzo - trattazione ingiustamente relegata a codici etici per professioni ad elevato rischio morale, che pure offrono un campo vivissimo.
Dopotutto chi più dell’avvocato, del medico, dello psicologo, nella loro libertà e nella loro posizione di potere, ci fa percepire la profondità del bisogno di una statuizione etica che stia a monte del libero arbitrio del singolo? Singolo che potrebbe ben vedere i limiti deontologici come vincoli da eludere, come confini, in fondo, nebulosi, come inciampi rispetto ad azioni che avrebbero un respiro così più ampio, senza paletti etici… Singolo che invece può difendere e per proprio conto rafforzare la deontologia comune - che diventa pavimento, garanzia, e, come ogni giusta legge, forza del debole.
Astraendo, la deontologia, in quanto asserzione morale organica e sistematica, si mostra come formalizzazione dell’etica - costume spontaneo ed intuitivo -, capace di razionalizzare ed esprimere i valori identitari di una persona o di un gruppo: asserzione che quindi, schiarendoci le idee su noi stessi, sul giusto e sullo sbagliato, ci aiuta ad avvicinare ciò che si è a ciò che si vuole moralmente essere - insomma, l’essere al dover essere, l’ontologia alla deontologia.
La deontologia inizia a respirare partendo dal presupposto che il fine non giustifica i mezzi, ma che il fine è il mezzo - trattazione ingiustamente relegata a codici etici per professioni ad elevato rischio morale, che pure offrono un campo vivissimo.
Dopotutto chi più dell’avvocato, del medico, dello psicologo, nella loro libertà e nella loro posizione di potere, ci fa percepire la profondità del bisogno di una statuizione etica che stia a monte del libero arbitrio del singolo? Singolo che potrebbe ben vedere i limiti deontologici come vincoli da eludere, come confini, in fondo, nebulosi, come inciampi rispetto ad azioni che avrebbero un respiro così più ampio, senza paletti etici… Singolo che invece può difendere e per proprio conto rafforzare la deontologia comune - che diventa pavimento, garanzia, e, come ogni giusta legge, forza del debole.
Astraendo, la deontologia, in quanto asserzione morale organica e sistematica, si mostra come formalizzazione dell’etica - costume spontaneo ed intuitivo -, capace di razionalizzare ed esprimere i valori identitari di una persona o di un gruppo: asserzione che quindi, schiarendoci le idee su noi stessi, sul giusto e sullo sbagliato, ci aiuta ad avvicinare ciò che si è a ciò che si vuole moralmente essere - insomma, l’essere al dover essere, l’ontologia alla deontologia.