Ostinato

o-sti-nà-to

Significato Che insiste caparbiamente e incessantemente. In musica, di solito indica una formula affidata al basso e più volte reiterata che, salvo eccezioni, prescrive una successione armonica prestabilita

Etimologia dal latino obstinatus ‘testardo’, da obstinare ‘volere a tutti i costi’, da una forma affine a stāre, col prefisso rafforzativo ob-.

È ostinato chi insiste con pervicacia. Solo coltivando ostinatamente una passione o uno studio, o applicandosi con ostinazione in una pratica, si possono raggiungere traguardi eccezionali. Tuttavia, ci si può ostinare anche al di là di ogni ragionevole buonsenso, divenendo sgraditi per gli altri e dannosi per sé stessi.

Le sfumature negative di questo termine svaniscono spostandosi dalla comunicazione verbale a quella musicale; l’insistenza qui produce effetti positivi: repetita iuvant, si diceva una volta.

L’ostinato può riferirsi a diversi àmbiti musicali; se ascoltiamo il Boléro di Ravel, avremo un esempio eclatante di ostinato ritmico, ma potremo ritrovare segmenti ritmico-melodici ripetuti a oltranza nelle danze e perfino nella musica etnica di tradizione orale.

Esiste poi quello che Angelo Berardi nel 1687 definì il «contrappunto ostinato ovvero pertinace […] che ostinatamente sempre replica lo stesso passo o soggetto nelle medesime corde [vale a dire: sulle stesse note]». È la prima apparizione dell’aggettivo in campo musicale. Tutto era cominciato nel 1558, quando Gioseffo Zarlino aveva chiamato ‘pertinacie’ le repliche nel contrappunto ostinato. Nella lingua italiana, invece, già Dante aveva fatto uso della parola nel Convivio.

Tuttavia, il significato oggi più diffuso del termine in campo musicale corrisponde alla forma sostantivata che abbrevia la locuzione ‘basso ostinato’. Il Lamento della Ninfa di Claudio Monteverdi (1638) è uno dei più celebri ‘ostinati’ del primo Seicento, destinato a influire sulle successive generazioni di musicisti italiani e stranieri. Monteverdi affida al basso il tetracordo discendente La-Sol-Fa-Mi, mentre le voci superiori di tre uomini commiserano l’amore sfortunato della Ninfa, producendo linee melodiche e talvolta armonie diverse. La monotonia apparente del basso ostinato contribuisce a focalizzare l’attenzione sul testo, accrescendo l’efficacia drammatico-espressiva e la potenza emotiva del canto accorato della ‘donzella’.

Infatti, alle soglie del XVII secolo il basso venne concepito sempre più come spina dorsale armonica, promosso al ruolo di ‘continuo’. E il basso ostinato, che nel periodo barocco ebbe il suo massimo splendore, entrò così a far parte della musica d’arte di tutta Europa. In Inghilterra fu detto ground bass, o semplicemente ground. Passacaglie, ciaccone, follie, ruggieri e romanesche sono tra le principali forme composte su varie formule di basso ostinato. Questo fornisce sempre il supporto strutturale fondamentale; è la base e l’anima della composizione stessa. Inoltre è ciclico, è breve e si ripete quasi ipnoticamente, come nel ‘Lamento di Didone’ When I am laid in earth, dal Dido and Aeneas (1689) che Henry Purcell compose su un ostinato cromatico discendente.

Nella musica pop, jazz e blues, grazie ai software musicali, una struttura ritmica ripetuta prende il nome di groove o, se melodica, di riff. Quando non esistevano ancora né computer né sequencer, la reiterazione di formule si otteneva tagliando fisicamente un pezzo di nastro magnetico e incollando i due capi tra loro, dando origine a un anello. Ancora oggi si usa la parola inglese loop per indicare una ripetizione circolare, ciclica. Negli Anni Sessanta Rita Pavone cantava: «Abbiamo un riff geghe-geghe-geghegè».

Grazie a chi ha seguito ostinatamente la lettura sino a qui!

Parola pubblicata il 15 Agosto 2021

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