SignificatoRelativo al dio Pan; terrore improvviso che annulla la ragione; relativo alla natura intesa come forza vitale o manifestazione divina
Etimologia dal greco: panikos, aggettivo di Pan, divinità silvana.
Quella di Pan, il dio metà uomo e metà caprone, è una figura sfuggente della mitologia greca: qualcuno vuole che sia il figlio deforme di una semplice ninfa, qualcuno lo vuole fra le divinità più antiche e importanti del pantheon greco. Certamente, nel quadro di questa mitologia, è una figura di peso, centrale in innumerevoli racconti.
Non si tratta di una divinità olimpica: a differenza degli dei maggiori, Pan viveva nei selvaggi boschi dell’Arcadia, dove zufolava e cercava di dare sfogo alla propria esuberanza sessuale. Infatti era il terrore delle ninfe. Adorava anche spaventare i viandanti che per caso attraversavano i suoi boschi, e lo faceva lanciando ululati terribili con un vocione a dir poco poderoso. Si narra che qualche volta, da quanto erano terribili, si spaventava anche lui - e scappava a zampe levate.
È da questo suo costume che viene l’accezione di “panico” che oggi è più comune: un terrore improvviso, un’incontrollata paura che assale qualcuno - che annebbia la ragione e la risposta al suggerimento della paura stessa. Ma non è l’unica accezione; infatti Gabriele D’Annunzio ebbe il merito di introdurre un nuovo significato a questa parola.
Il panico può anche essere un sentimento di intensa partecipazione con la natura circostante, con la sua forza e con la sua vitalità. Allo stesso modo in cui, soli in mezzo a un bosco, si può essere presi da un cieco timor panico, nella stessa situazione si può anche vivere un’esperienza mistica, trovando una profonda comunione con la possente vita che ci circonda - quasi manifestazione sensibile della divinità di un panteismo.
Il panico è quindi un concetto importante e sfuggente come era il dio Pan, che ci racconta il comportarsi della disposizione d’animo lungo il sottile confine fra paura ed entusiasmo.
Quella di Pan, il dio metà uomo e metà caprone, è una figura sfuggente della mitologia greca: qualcuno vuole che sia il figlio deforme di una semplice ninfa, qualcuno lo vuole fra le divinità più antiche e importanti del pantheon greco. Certamente, nel quadro di questa mitologia, è una figura di peso, centrale in innumerevoli racconti.
Non si tratta di una divinità olimpica: a differenza degli dei maggiori, Pan viveva nei selvaggi boschi dell’Arcadia, dove zufolava e cercava di dare sfogo alla propria esuberanza sessuale. Infatti era il terrore delle ninfe. Adorava anche spaventare i viandanti che per caso attraversavano i suoi boschi, e lo faceva lanciando ululati terribili con un vocione a dir poco poderoso. Si narra che qualche volta, da quanto erano terribili, si spaventava anche lui - e scappava a zampe levate.
È da questo suo costume che viene l’accezione di “panico” che oggi è più comune: un terrore improvviso, un’incontrollata paura che assale qualcuno - che annebbia la ragione e la risposta al suggerimento della paura stessa. Ma non è l’unica accezione; infatti Gabriele D’Annunzio ebbe il merito di introdurre un nuovo significato a questa parola.
Il panico può anche essere un sentimento di intensa partecipazione con la natura circostante, con la sua forza e con la sua vitalità. Allo stesso modo in cui, soli in mezzo a un bosco, si può essere presi da un cieco timor panico, nella stessa situazione si può anche vivere un’esperienza mistica, trovando una profonda comunione con la possente vita che ci circonda - quasi manifestazione sensibile della divinità di un panteismo.
Il panico è quindi un concetto importante e sfuggente come era il dio Pan, che ci racconta il comportarsi della disposizione d’animo lungo il sottile confine fra paura ed entusiasmo.