SignificatoPosteriore, specie riferito a un elemento architettonico retrostante di un edificio
Etimologia voce dotta recuperata dal latino posticus ‘posteriore, retrostante’, derivato di post ‘dietro’.
Termini fascinosi e disusati dell’archeologia, già da spalare via dai dizionari, possono tornare a fiorire nel lessico pratico degli annunci immobiliari, delle progettazioni urbanistiche, delle comunicazioni condominiali. Sarà questo il nostro caso?
Il postico (termine trecentesco) si riferisce a un elemento architettonico che si trova nella parte posteriore di un edificio — e lo fa, attestano alcuni, fin dal posticus del latino di Vitruvio (il primo grande teorico dell’architettura, vissuto nel I secolo a.C.). Si può parlare dei colonnati postichi della grande villa, dell’ingresso postico da cui si può accedere liberamente, della gradinata postica che porta al giardino. Può anche essere sostantivo, e così possiamo leggere l’iscrizione sul postico del monumento.
Già così lo inquadriamo come un sinonimo prossimo di ‘posteriore’. Anche in anatomia è stato usato con questo significato, parlando di un organo o di un altro elemento anatomico che si trovi dietro a un certo punto di riferimento. E però il postico ha dei caratteri netti che lo distinguono: è una parola più asciutta, senza l’ingombro che un aggettivo come ‘posteriore’ ha; è una parola che vive in un ambito molto più circoscritto, ed essendo un termine che si usa solo in occasioni determinate trasmette un’idea di esattezza senza sbavature — non è come ‘posteriore’ una parola che si può usare anche per un sedile, per un periodo, per il sedere.
O meglio, sì, la parola ‘postico’ si può usare ed è naturalmente stata usata per indicare il sedere, ma proprio perché lo fa sconfinando dall’alveo comune la sua ironia eufemistica è più fresca e funziona meglio — usare ‘posteriore’ per ‘sedere’ è normale, se non un po’ vieto. E anche rispetto a ‘retrostante’ (come aggettivo) e ‘retro’ (come sostantivo), il postico mi mostra più pulito — il retrostante è un po’ magniloquente, il retro è da etichetta.
Oggi leggiamo del preventivo chiesto al giardiniere per la cura delle aiuole postiche del palazzo a cui tutti tengono molto, del vasto giardino postico che correda l’immobile in vendita fino al limitare del bosco, del parcheggio postico del cinema, in cui ci si intrattiene a chiacchiera appoggiati all’auto.
Curiosamente ha anche un contrario altrettanto preciso che però è attestato solo dagli anni ‘50 in questo senso e che ha avuto pochissimo successo: antico. Non poteva funzionare: dire che un porticato è antico suggerisce una sola invariabile qualità.
Termini fascinosi e disusati dell’archeologia, già da spalare via dai dizionari, possono tornare a fiorire nel lessico pratico degli annunci immobiliari, delle progettazioni urbanistiche, delle comunicazioni condominiali. Sarà questo il nostro caso?
Il postico (termine trecentesco) si riferisce a un elemento architettonico che si trova nella parte posteriore di un edificio — e lo fa, attestano alcuni, fin dal posticus del latino di Vitruvio (il primo grande teorico dell’architettura, vissuto nel I secolo a.C.). Si può parlare dei colonnati postichi della grande villa, dell’ingresso postico da cui si può accedere liberamente, della gradinata postica che porta al giardino. Può anche essere sostantivo, e così possiamo leggere l’iscrizione sul postico del monumento.
Già così lo inquadriamo come un sinonimo prossimo di ‘posteriore’. Anche in anatomia è stato usato con questo significato, parlando di un organo o di un altro elemento anatomico che si trovi dietro a un certo punto di riferimento. E però il postico ha dei caratteri netti che lo distinguono: è una parola più asciutta, senza l’ingombro che un aggettivo come ‘posteriore’ ha; è una parola che vive in un ambito molto più circoscritto, ed essendo un termine che si usa solo in occasioni determinate trasmette un’idea di esattezza senza sbavature — non è come ‘posteriore’ una parola che si può usare anche per un sedile, per un periodo, per il sedere.
O meglio, sì, la parola ‘postico’ si può usare ed è naturalmente stata usata per indicare il sedere, ma proprio perché lo fa sconfinando dall’alveo comune la sua ironia eufemistica è più fresca e funziona meglio — usare ‘posteriore’ per ‘sedere’ è normale, se non un po’ vieto. E anche rispetto a ‘retrostante’ (come aggettivo) e ‘retro’ (come sostantivo), il postico mi mostra più pulito — il retrostante è un po’ magniloquente, il retro è da etichetta.
Oggi leggiamo del preventivo chiesto al giardiniere per la cura delle aiuole postiche del palazzo a cui tutti tengono molto, del vasto giardino postico che correda l’immobile in vendita fino al limitare del bosco, del parcheggio postico del cinema, in cui ci si intrattiene a chiacchiera appoggiati all’auto.
Curiosamente ha anche un contrario altrettanto preciso che però è attestato solo dagli anni ‘50 in questo senso e che ha avuto pochissimo successo: antico. Non poteva funzionare: dire che un porticato è antico suggerisce una sola invariabile qualità.