SignificatoNell’antico impero persiano, governatore di una provincia; chi abusa del proprio potere
Etimologia dal persiano: xsathrapa, composto da xsathra regno - a sua volta da šah re (da cui Scià) - e pa signore. Signore del regno.
Nell’elefantiaco impero persiano, vario, caotico ed instabile, certo l’imperatore, ossia lo [šahanšah] il Re dei Re, non poteva governare da solo - dalla boscosa valle dell’Indo ai piedi dei contrafforti celesti dell’Hindu Kush, passando per i deserti asiatici induriti da venti feroci fino alla verde Mesopotamia e alle amene coste dell’Egeo. Così Ciro il Grande, nel V secolo a.C., divise l’impero in venti province, dette satrapìe poiché a capo di ciascuna fu messo un satrapo.
Questi satrapi erano scelti fra i membri della famiglia reale o fra i nobili di più alto lignaggio - persone fidate. Ma la lontananza dalle capitali e un potere pressoché assoluto su regioni sconfinate e ricchissime abitate da oceaniche popolazioni di sudditi aggiogati, invita seducentemente all’autocrazia.
Così il satrapo diventa chi ha un potere e ne abusa oscenamente: un amministratore delegato schiumante di avidità, un politico opulento e mafioso, un santo guru che dopo aver divorato i conti in banca dei suoi accoliti fa anche la scarpetta.
La connotazione negativa può anche essere meno intensa, ma perché porle pastoie? La figura del satrapo raggiungeva dei centrifughi picchi di potere e ricchezza che sfuggono alle dita dell’immaginazione - essenzialmente diversi dalla nostra realtà, dal lusso dei banchieri, dagli sfarzi degli sceicchi, dalla forza dei dittatori. Picchi che forse potevano esistere solo in regni immensi e misteriosi ai confini del mondo.
Nell’elefantiaco impero persiano, vario, caotico ed instabile, certo l’imperatore, ossia lo [šahanšah] il Re dei Re, non poteva governare da solo - dalla boscosa valle dell’Indo ai piedi dei contrafforti celesti dell’Hindu Kush, passando per i deserti asiatici induriti da venti feroci fino alla verde Mesopotamia e alle amene coste dell’Egeo. Così Ciro il Grande, nel V secolo a.C., divise l’impero in venti province, dette satrapìe poiché a capo di ciascuna fu messo un satrapo.
Questi satrapi erano scelti fra i membri della famiglia reale o fra i nobili di più alto lignaggio - persone fidate. Ma la lontananza dalle capitali e un potere pressoché assoluto su regioni sconfinate e ricchissime abitate da oceaniche popolazioni di sudditi aggiogati, invita seducentemente all’autocrazia.
Così il satrapo diventa chi ha un potere e ne abusa oscenamente: un amministratore delegato schiumante di avidità, un politico opulento e mafioso, un santo guru che dopo aver divorato i conti in banca dei suoi accoliti fa anche la scarpetta.
La connotazione negativa può anche essere meno intensa, ma perché porle pastoie? La figura del satrapo raggiungeva dei centrifughi picchi di potere e ricchezza che sfuggono alle dita dell’immaginazione - essenzialmente diversi dalla nostra realtà, dal lusso dei banchieri, dagli sfarzi degli sceicchi, dalla forza dei dittatori. Picchi che forse potevano esistere solo in regni immensi e misteriosi ai confini del mondo.