Etimologia participio passato di scalmanarsi, da scalmàna, a sua volta derivato di calma, con prefisso s- privativo e suffisso -ana come in ‘caldana’.
Sembra che i significati di questa parola si sviluppino con una linearità pulitissima — e invece no, siamo nel regno degli intrecci. Perché se è naturale il nesso fra l’agitazione turbolenta prima e l’essere accaldati, sudati e affannati poi, e se è normalissimo che questa parabola possa essere descritta come quella di una non-calma, resta da capire perbene che cosa sia questa ‘scalmàna’ che sta alla base dello scalmanarsi e quindi dello scalmanato.
Tradizionalmente la scalmana è il malessere da raffreddamento. In realtà sappiamo che il freddo in sé non ha il ruolo che si credeva un tempo, ma diciamo che è il tipo di malessere che ci sta aspettando di qui a qualche settimana — raffreddori, mal di gola e via dicendo. Descrive anche il bel rossore congestionato che in questi casi ci accende il volto.
Ma ad essere più precisi la scalmana indica il malessere da raffreddamento… che segue un riscaldamento (coglie il suo suffisso dalla caldana). Come i bambini scalmanati che nei giorni di ottobre corrono ai giardini fino allo sfinimento e poi, sudati e trafelati, prendono freddo, o come quando vai a ballare d’inverno e ti scalmani. Un cerchio di significati di agitazione e di conseguenze dell’agitazione, di calore e raffreddamento, in cui a partire dalla seconda metà del Cinquecento emerge per primo il nome del malessere e poi quello dell’azione che ad esso conduce.
Lo scalmanato fiorisce insieme nelle due immagini dello sfrenato turbolento e dell’accaldato trafelato rosso in viso, non solo conseguenti, ma spesso coesistenti, e in questo connubio sta la sua cifra distintiva: così irrompo scalmanato sull’autobus preso per un soffio, nelle foto della cerimonia sono sempre scalmanato, e gli scalmanati nel traffico strombazzano e berciano.
Grazie a questa riflessione etimologica si capisce quanto siano saggi i tifosi scalmanati a portarsi sempre dietro le sciarpe della squadra: la scalmana è sempre in agguato.
Sembra che i significati di questa parola si sviluppino con una linearità pulitissima — e invece no, siamo nel regno degli intrecci. Perché se è naturale il nesso fra l’agitazione turbolenta prima e l’essere accaldati, sudati e affannati poi, e se è normalissimo che questa parabola possa essere descritta come quella di una non-calma, resta da capire perbene che cosa sia questa ‘scalmàna’ che sta alla base dello scalmanarsi e quindi dello scalmanato.
Tradizionalmente la scalmana è il malessere da raffreddamento. In realtà sappiamo che il freddo in sé non ha il ruolo che si credeva un tempo, ma diciamo che è il tipo di malessere che ci sta aspettando di qui a qualche settimana — raffreddori, mal di gola e via dicendo. Descrive anche il bel rossore congestionato che in questi casi ci accende il volto.
Ma ad essere più precisi la scalmana indica il malessere da raffreddamento… che segue un riscaldamento (coglie il suo suffisso dalla caldana). Come i bambini scalmanati che nei giorni di ottobre corrono ai giardini fino allo sfinimento e poi, sudati e trafelati, prendono freddo, o come quando vai a ballare d’inverno e ti scalmani. Un cerchio di significati di agitazione e di conseguenze dell’agitazione, di calore e raffreddamento, in cui a partire dalla seconda metà del Cinquecento emerge per primo il nome del malessere e poi quello dell’azione che ad esso conduce.
Lo scalmanato fiorisce insieme nelle due immagini dello sfrenato turbolento e dell’accaldato trafelato rosso in viso, non solo conseguenti, ma spesso coesistenti, e in questo connubio sta la sua cifra distintiva: così irrompo scalmanato sull’autobus preso per un soffio, nelle foto della cerimonia sono sempre scalmanato, e gli scalmanati nel traffico strombazzano e berciano.
Grazie a questa riflessione etimologica si capisce quanto siano saggi i tifosi scalmanati a portarsi sempre dietro le sciarpe della squadra: la scalmana è sempre in agguato.