Etimologia voce dotta recuperata dal latino suffulcire, derivato di fulcire ‘sostenere’ (da cui anche ‘fulcro’) col prefisso sub- ‘sotto’.
È una parola praticamente morta, relegata ad ambiti di poesia altissima o comunque a registri troppo elevati per essere vitali — ma con qualche sorpresa. Come ci racconta l’etimologia si tratta di una parola particolarmente forte, sia per l’intensità del suo suono, sia per il vigore dell’immagine che veicola: un sostegno fisico, teso nel reggere un peso, come il fulcro sa essere. Avrebbe il polso per rimpiazzare una lunga serie di espressioni analoghe ma più generiche o fiacche: dal vago sostenere o sorreggere, all’azzimatoessere fautore, a un puntellare che veicola un’idea di instabilità — e chi più ne ha, più ne metta. Il soffolcere darebbe davvero l’idea del piazzare un sostegno saldo, affidabile.
Però oggi si sente usare l’aggettivo ‘soffolto’ relativamente a scogliere artificiali erette fin poco sotto il pelo dell’acqua per proteggere la costa dall’erosione. Però resta una parola ricercatissima, e infatti non è raro, sulle spiagge liguri, vedere gente che si gratta la testa davanti a cartelli che avvisano della presenza di ‘barriere soffolte’.
Serve fantasia per trovare un nesso con il significato originale: perché le scogliere soffolte sarebbero sostenute? Perché sono artificiali, e quindi puntellate con opere ingegneristiche? Ma perché allora si parla di scogliere soffolte in contrapposizione a scogliere emerse?
Il problema di questa parola, forse, è che non ha trovato, nell’uso, una sua coerenza. Dante la usava per descrivere l’azione del soffermarsi; Ariosto e Carducci lo usavano per descrivere il sostenere e il sollevare; infine, giornalisticamente e tecnicamente, è stata usata come sinonimo di affiorante o sommerso. Immagini diverse che non denotano concetti neppure simili, tagli di realtà eterogenei che se sono espressi dalla medesima parola le possono causare un fatale cortocircuito.
È una parola praticamente morta, relegata ad ambiti di poesia altissima o comunque a registri troppo elevati per essere vitali — ma con qualche sorpresa. Come ci racconta l’etimologia si tratta di una parola particolarmente forte, sia per l’intensità del suo suono, sia per il vigore dell’immagine che veicola: un sostegno fisico, teso nel reggere un peso, come il fulcro sa essere. Avrebbe il polso per rimpiazzare una lunga serie di espressioni analoghe ma più generiche o fiacche: dal vago sostenere o sorreggere, all’azzimato essere fautore, a un puntellare che veicola un’idea di instabilità — e chi più ne ha, più ne metta. Il soffolcere darebbe davvero l’idea del piazzare un sostegno saldo, affidabile.
Però oggi si sente usare l’aggettivo ‘soffolto’ relativamente a scogliere artificiali erette fin poco sotto il pelo dell’acqua per proteggere la costa dall’erosione. Però resta una parola ricercatissima, e infatti non è raro, sulle spiagge liguri, vedere gente che si gratta la testa davanti a cartelli che avvisano della presenza di ‘barriere soffolte’.
Serve fantasia per trovare un nesso con il significato originale: perché le scogliere soffolte sarebbero sostenute? Perché sono artificiali, e quindi puntellate con opere ingegneristiche? Ma perché allora si parla di scogliere soffolte in contrapposizione a scogliere emerse?
Il problema di questa parola, forse, è che non ha trovato, nell’uso, una sua coerenza. Dante la usava per descrivere l’azione del soffermarsi; Ariosto e Carducci lo usavano per descrivere il sostenere e il sollevare; infine, giornalisticamente e tecnicamente, è stata usata come sinonimo di affiorante o sommerso. Immagini diverse che non denotano concetti neppure simili, tagli di realtà eterogenei che se sono espressi dalla medesima parola le possono causare un fatale cortocircuito.