Timballo

tim-bàl-lo

Significato Timpano o tamburo; stampo di forma cilindrica per la cottura al forno di pietanze dolci o salate; pasticcio cotto in questo stampo; membrana tesa alla base dell’addome delle cicale che, a seguito della veloce contrazione e rilascio del muscolo associato, entra in vibrazione producendo il caratteristico frinìo

Etimologia dal francese timballe, alterazione di tamballe ‘timpano’ per attrazione di cymbale ‘cembalo’, dallo spagnolo atabal, dall’arabo volgare ṭabal (arabo classico ṭabbala, suonare il tamburo); nel francese del XVIII secolo il significato originario riferito allo strumento musicale si è evoluto in quello di ‘sformato, pasticcio’, dalla forma dello stampo in cui veniva preparato.

Fra i mille timballi che immaginiamo, di solito appetitosi e fumanti, non c’è quasi mai posto per il timballo musicale, che invece è il primo significato del termine registrato nei dizionari. L’etimologia, infatti, ha origine da uno strumento a percussione il cui nome, partendo dalle aree linguistiche semitiche, procede verso Spagna, Francia e Italia, con un contributo trasversale della Grecia.

In Spagna la parola arrivò dall’arabo ṭabl che diede esito alla forma arabo-ispanica aṭṭabál. In castigliano il lemma atabal indica un tamburo, senza alcun equivalente culinario. Infatti nell’arabo classico ṭabbala significa ‘suonare il tamburo’, ma timpano in spagnolo si dice timbal e, come in italiano, indica anche lo sformato. L’antico timballo musicale, simile al timpano, apre dunque l’accesso a diverse percussioni e a differenti denominazioni tra loro correlate: timballo, timpano, cimbalo, nacchere e tabla. A parte le nacchere, gli altri sono termini che suonano vicini.

Dunque, il timpano antico era uno strumento costituito da una specie di calderone in rame sul quale veniva tesa una pelle. L’etimologia di timpano viene dal latino tympănum, dal greco týmpanon, che in italiano designa anche il timpano dell’orecchio, il timpano architettonico… ma questa è un’altra storia. Ecco i timpani stampati nel 1511 sul trattato Musica Getutsch di Sebastian Virdung.

In Provenza — secondo alcune fonti — i cimbali erano chiamati tympale. Nella cultura greco-romana i cymbala erano piccoli piatti di bronzo suonati nei riti religiosi orgiastici e in onore di Cibele. Nel Medioevo con lo stesso termine s’indicava una percussione costituita da un insieme di piccole campane appese a un telaio e percosse con martelli, anche se non è ben chiara la relazione tra i cymbala antichi e quelli medievali. In Spagna sopravvissero poi i tamburelli con sonagli (cimbali, appunto, oggi sonajas), portati dagli Arabi, come questo strumento raffigurato in un trattato del 1672.

Il timpano invece giunge in Europa nel XIII secolo sempre grazie agli Arabi, che però lo chiamano naqqāra, da cui il nome di strumenti come naccheroni (piccoli timpani) e nacchere. L’arabo tabla ha inoltre prestato il nome alle omonime percussioni indiane.

Il timpano è un importante membranofono, unico tra i tamburi a produrre note intonate, svolgendo perciò, oltre alla normale funzione ritmica, anche quella di sostegno armonico. È costituito da una pelle tesa su una struttura emisferica cava, di solito in rame, ed è suonato percuotendo la membrana con una o più mazze; l’intonazione si regola variando la tensione della pelle, tirandola o allentandola con apposite chiavi. Questo è uno splendido uso dei timpani nel Passemezzo tratto dalle Danze di Tersicore di Michael Praetorius. Dal XVIII secolo il timpano alias timballo entrò regolarmente a far parte dell’orchestra; per esempio, nella Juditha Triumphans (1716) di Antonio Vivaldi, l’organico prescrive testualmente l’uso di «timballi»; qui si può ascoltare l’inizio con un assolo di timballi, prescritti in partitura

e qui l’intera composizione. Forse i timpani più famosi rimangono però questi, di nostra vecchia conoscenza.

In Francia, la forma dell’antico strumento musicale tamballe, poi timbale, finì nelle cucine di qualche abile chef, dove si trasformò in timballe; da lì arrivò in Italia il timballo che si trova nei più raffinati ricettari, come ne Il cuoco galante di Vincenzo Corrado del 1773, che descrive preparazioni di succulenti timballi.

Rimane un po’ di confusione, tra scambi di strumenti musicali e relativi nomi, travasi e ibridazioni fra lingue e culture, tutto sparso nell’arco di millenni. E poi troviamo altre sorprese, come la ricetta del «timpàno», che è la variante campana e calabrese del timballo… che pasticcio!

Parola pubblicata il 21 Novembre 2021

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