SignificatoPassare da un luogo a un altro, cambiare sede; trasmettersi da un individuo a un altro
Etimologia voce dotta, recuperata dal latino transmigrare, derivato di migrare col prefisso trans ‘al di là’.
Tante parole con un particolare profilo poetico hanno la particolarità di descrivere qualcosa di totalmente comune e normale ma con uno sguardo diverso. È questo sguardo ad essere impervio, non la parola.
Si tratta di un derivato di ‘migrare’ — termine centrale, che come sappiamo racconta uno spostamento preciso, con un intento. È un ‘cambiare’ di origine indoeuropea che diventa in latino un ‘cambiare residenza’, e che oggi si usa per genti e animali. Ma il migrare in sé, per quanto sia diretto e intento, non ci indica la sua direzione. Non ce la sa evocare con immediatezza.
Il prefisso ‘trans-’ fa la meraviglia: dà un rifermento insieme chiaro e vago, trasparente e sospeso, muovendo questo cambiamento in un ‘oltre’, in un ‘al di là’. Dà una traccia, segna un percorso, una traiettoria. Facile parlare dell’amico migrato all’estero dopo il dottorato, o emigrato: l’inquadratura di questi termini è più stretta, più centrata su un qui e su un lì. Se parliamo di come diverse persone che conosciamo siano trasmigrate in altri paesi, ecco che questo movimento è tracciato — con una sfumatura perfino venata di fatica. C’è perfino un che di avventuroso, c’è un po’ di odissea nel trasmigrare: se dagli appunti che ci sono sopra ricostruisco come un libro sia trasmigrato di mano in mano fino a me, se un’opera d’arte rubata viene recuperata dopo essere trasmigrata di ricettazione in collezione, do anche una dimensione di viaggio, non solo di spostamento.
Per questo il trasmigrare si adatta tanto bene a certi usi in cui lo spostamento è meno geografico. Possiamo parlare di come virtù e difetti personali trasmigrino fra le generazioni a cavallo di parole e comportamenti; di come un significato trasmigri uso per uso da una parola a un’altra; di come il nostro pensiero sia trasmigrato fra molte idee diverse, dibattute e superate.
Né è un caso che sia questa la parola che si usa per descrivere, nelle credenze di reincarnazione, il movimento delle anime che lasciano un corpo e rientrano in un altro.
Una parola schietta, comprensibile, che però non rinuncia a quel piccolo tratto di complessità che fa tutta la differenza.
Tante parole con un particolare profilo poetico hanno la particolarità di descrivere qualcosa di totalmente comune e normale ma con uno sguardo diverso. È questo sguardo ad essere impervio, non la parola.
Si tratta di un derivato di ‘migrare’ — termine centrale, che come sappiamo racconta uno spostamento preciso, con un intento. È un ‘cambiare’ di origine indoeuropea che diventa in latino un ‘cambiare residenza’, e che oggi si usa per genti e animali. Ma il migrare in sé, per quanto sia diretto e intento, non ci indica la sua direzione. Non ce la sa evocare con immediatezza.
Il prefisso ‘trans-’ fa la meraviglia: dà un rifermento insieme chiaro e vago, trasparente e sospeso, muovendo questo cambiamento in un ‘oltre’, in un ‘al di là’. Dà una traccia, segna un percorso, una traiettoria. Facile parlare dell’amico migrato all’estero dopo il dottorato, o emigrato: l’inquadratura di questi termini è più stretta, più centrata su un qui e su un lì. Se parliamo di come diverse persone che conosciamo siano trasmigrate in altri paesi, ecco che questo movimento è tracciato — con una sfumatura perfino venata di fatica. C’è perfino un che di avventuroso, c’è un po’ di odissea nel trasmigrare: se dagli appunti che ci sono sopra ricostruisco come un libro sia trasmigrato di mano in mano fino a me, se un’opera d’arte rubata viene recuperata dopo essere trasmigrata di ricettazione in collezione, do anche una dimensione di viaggio, non solo di spostamento.
Per questo il trasmigrare si adatta tanto bene a certi usi in cui lo spostamento è meno geografico. Possiamo parlare di come virtù e difetti personali trasmigrino fra le generazioni a cavallo di parole e comportamenti; di come un significato trasmigri uso per uso da una parola a un’altra; di come il nostro pensiero sia trasmigrato fra molte idee diverse, dibattute e superate.
Né è un caso che sia questa la parola che si usa per descrivere, nelle credenze di reincarnazione, il movimento delle anime che lasciano un corpo e rientrano in un altro.
Una parola schietta, comprensibile, che però non rinuncia a quel piccolo tratto di complessità che fa tutta la differenza.