Ergastolo

er-gà-sto-lo

Significato Pena del carcere a vita; galera

Etimologia dal latino ergastulum, derivato dal greco ergastérion officina, casa di lavoro, dal verbo ergàzomai lavorare.

Nell’antica Roma, con ergastulum si intendevano il campo di lavoro e l’edificio sotterraneo in cui erano rinchiusi gli schiavi condannati ai lavori forzati a vita - ed è da qui che nasce il significato, desueto, di ‘ergastolo’ come ‘galera’. Con una facile metonimia, il nome del luogo della pena diventa il nome della pena stessa.

Il buon Cesare Beccaria non si scagliava contro la pena di morte per umanità, anzi: secondo lui, il vero problema di questa pena era che come deterrente non funzionava. A suo dire, erano molto più spaventose e tenevano più lontano dal crimine pene meno intense ma mostruosamente più lunghe; e se lui aveva in mente degli esemplari lavori forzati a vita, al nostro ordinamento, e non solo al nostro, resta l’ergastolo.

Si tratta di una pena che consiste nel carcere a vita - purgata, quindi dall’originaria connessione al lavoro. In realtà, nelle nostre contrade, i casi in cui l’ergastolo si traduce necessariamente in una detenzione perpetua non sono molti, e sono perlopiù legati a reati di stampo mafioso; infatti l’ergastolano può godere, coi giusti requisiti, di benefici penitenziari, e dopo un congruo numero di anni - che in Italia sono 26 - l’ergastolano può essere ammesso ad un regime di libertà vigilata. Una previsione che trasforma l’ergastolo da una pena che esclude definitivamente il condannato dalla società (come la pena di morte), a una pena che invece, oltre a fargli espiare una colpa e a fungere da deterrente, lascia aperto uno spiraglio alla sua risocializzazione.

Parola pubblicata il 27 Giugno 2015