SignificatoColloquio informale stabilito su argomenti importanti o riservati; giunzione fra due tubature o, in chirurgia, fra due organi cavi
Etimologia da abboccare, derivato di bocca.
Ecco, questa è una parola davvero forbita e di grazia eccezionale, in cui l’italiano dà il meglio di sé.
All’abboccare riconduciamo essenzialmente due azioni: quella del pesce che prende l’amo e quella del congiungere un tubo con un altro, ma c’è di più. La bocca è per eccellenza la fonte della comunicazione, e perciò abboccarsi con qualcuno significa averci un colloquio. Da qui scaturisce il significato più corposo del termine ‘abboccamento’.
L’abboccamento è proprio un colloquio, in cui la vicinanza delle bocche connota una certa riservatezza e un approccio informale. Magari non è un primo contatto, ma volentieri è il primo ad essere articolato su questioni prestabilite e di una qualche importanza. Ad esempio si chiede di fissare un abboccamento col fornitore per discutere di un contratto, dall’abboccamento col professore si capisce su che cosa potrà vertere la tesi, e la situazione sarà chiarita dopo l’abboccamento col dirigente.
Questo non è il solo abboccamento che ci apparecchia la nostra lingua: dall’abboccare nel senso di congiungere due tubature ci arriva l’abboccamento quale giunzione, e in particolare in chirurgia si parla di abboccamento nel senso di creazione di una comunicazione fra organi cavi (il chirurgo ha compiuto un abboccamento fra stomaco e intestino).
Dopotutto, quando l’immagine funziona bene, la parola prospera.
(Fra l’altro, questa è una parola che risalta con particolare verve nel doppiaggio italiano del film “Django Unchained” di Tarantino. La usa ripetutamente il dott. King Schultz, interpretato da Christoph Waltz, che curiosamente, proprio perché parla in quella che per lui è una seconda lingua, si esprime in un eloquio straordinariamente forbito.)
Ecco, questa è una parola davvero forbita e di grazia eccezionale, in cui l’italiano dà il meglio di sé.
All’abboccare riconduciamo essenzialmente due azioni: quella del pesce che prende l’amo e quella del congiungere un tubo con un altro, ma c’è di più. La bocca è per eccellenza la fonte della comunicazione, e perciò abboccarsi con qualcuno significa averci un colloquio. Da qui scaturisce il significato più corposo del termine ‘abboccamento’.
L’abboccamento è proprio un colloquio, in cui la vicinanza delle bocche connota una certa riservatezza e un approccio informale. Magari non è un primo contatto, ma volentieri è il primo ad essere articolato su questioni prestabilite e di una qualche importanza. Ad esempio si chiede di fissare un abboccamento col fornitore per discutere di un contratto, dall’abboccamento col professore si capisce su che cosa potrà vertere la tesi, e la situazione sarà chiarita dopo l’abboccamento col dirigente.
Questo non è il solo abboccamento che ci apparecchia la nostra lingua: dall’abboccare nel senso di congiungere due tubature ci arriva l’abboccamento quale giunzione, e in particolare in chirurgia si parla di abboccamento nel senso di creazione di una comunicazione fra organi cavi (il chirurgo ha compiuto un abboccamento fra stomaco e intestino).
Dopotutto, quando l’immagine funziona bene, la parola prospera.
(Fra l’altro, questa è una parola che risalta con particolare verve nel doppiaggio italiano del film “Django Unchained” di Tarantino. La usa ripetutamente il dott. King Schultz, interpretato da Christoph Waltz, che curiosamente, proprio perché parla in quella che per lui è una seconda lingua, si esprime in un eloquio straordinariamente forbito.)