SignificatoSulle galere, chi coordinava i rematori e infliggeva loro punizioni; carceriere, persecutore
Etimologia dal catalano algozir, che in spagnolo è alguacil, derivato dall’arabo al-wazīr ‘ministro, luogotenente’.
C’è bisogno di domandarselo? L’aguzzino, il carceriere troppo zelante e incline ai maltrattamenti, prende ovviamente il suo nome da qualche oggetto aguzzo con cui pungola chi è in sua balìa. E invece no. È un termine che nasce sul mare, e ha un’origine araba.
Al-wazīr è in origine una figura di tutto rispetto, nientemeno che un ministro. È il famoso visir! (‘Al’ è l’articolo.) Nella Spagna moresca il titolo derivato di alguacil fu però dapprima attribuito a luogotenenti o giudici, e successivamente subì una degradazione semantica, fino a descrivere l’ufficiale di polizia agli ordini del magistrato o un capitano d’armi di servizio sulle navi - e qui arriviamo al punto.
Il capitano d’armi, anche nelle marine dei giorni nostri, ha il compito di mantenere la disciplina a bordo, con delle generali funzioni di polizia. Ma questa figura di aguzzino, sulle antiche galere, si declinava in maniera ben poco simpatica. Infatti era colui che, incaricato del vitale compito di coordinare il movimento dei rematori (spesso persone condannate come criminali a svolgere questo lavoro), infliggeva severe punizioni ai negligenti. Il fatto che poi il nome di aguzzino sia stato esteso, in italiano, anche a indicare ufficiali incaricati di mantenere la disciplina fra le schiere armate, poliziotti e carcerieri non ha contribuito a renderne più dolce la figura.
Oggi l’aguzzino è figuratamente il sorvegliante crudele, che volentieri tormenta coloro su cui vigila, il persecutore. L’ostaggio scampato racconta le atrocità perpetrate dai suoi aguzzini, il collega incline alla sceneggiata dipinge il direttore come un aguzzino, e il bambino si ribella a quell’aguzzina della baby-sitter che pretende che a una cert’ora vada a dormire.
Una parola dura e grave che però permette una certa ironia, forte della bellezza del respiro mediterraneo.
C’è bisogno di domandarselo? L’aguzzino, il carceriere troppo zelante e incline ai maltrattamenti, prende ovviamente il suo nome da qualche oggetto aguzzo con cui pungola chi è in sua balìa. E invece no. È un termine che nasce sul mare, e ha un’origine araba.
Al-wazīr è in origine una figura di tutto rispetto, nientemeno che un ministro. È il famoso visir! (‘Al’ è l’articolo.)
Nella Spagna moresca il titolo derivato di alguacil fu però dapprima attribuito a luogotenenti o giudici, e successivamente subì una degradazione semantica, fino a descrivere l’ufficiale di polizia agli ordini del magistrato o un capitano d’armi di servizio sulle navi - e qui arriviamo al punto.
Il capitano d’armi, anche nelle marine dei giorni nostri, ha il compito di mantenere la disciplina a bordo, con delle generali funzioni di polizia. Ma questa figura di aguzzino, sulle antiche galere, si declinava in maniera ben poco simpatica. Infatti era colui che, incaricato del vitale compito di coordinare il movimento dei rematori (spesso persone condannate come criminali a svolgere questo lavoro), infliggeva severe punizioni ai negligenti. Il fatto che poi il nome di aguzzino sia stato esteso, in italiano, anche a indicare ufficiali incaricati di mantenere la disciplina fra le schiere armate, poliziotti e carcerieri non ha contribuito a renderne più dolce la figura.
Oggi l’aguzzino è figuratamente il sorvegliante crudele, che volentieri tormenta coloro su cui vigila, il persecutore. L’ostaggio scampato racconta le atrocità perpetrate dai suoi aguzzini, il collega incline alla sceneggiata dipinge il direttore come un aguzzino, e il bambino si ribella a quell’aguzzina della baby-sitter che pretende che a una cert’ora vada a dormire.
Una parola dura e grave che però permette una certa ironia, forte della bellezza del respiro mediterraneo.
(Ah, ‘aguzzo’ deriva dal latino acutus.)