SignificatoIncrocio speculare di membri corrispondenti e contigui, specie di un testo
Etimologia dal latino tardo chiasmus mutuato dal greco khiasmòs ‘arrangiamento a forma di χ’, dal verbo khiàzo ‘faccio una χ’.
“Quelli è Omero poeta sovrano; / l’altro è Orazio satiro che vene; / Ovidio è ‘l terzo, e l’ultimo è Lucano”. Siamo con Dante, scendendo all’Inferno, e arrivati al limbo nel quarto canto, casa dei pagani virtuosi, l’Alighieri ci indica, con un chiasmo, due grandi poeti del passato. “Ovidio (nome) è ‘l terzo (aggettivo), e l’ultimo (aggettivo) è Lucano (nome)”. Questa figura retorica prende il nome dalla lettera greca khi (χ) per via dell’intreccio dei membri della frase come delle braccia della lettera: i membri non sono quindi posti parallelamente tra loro (X Y X Y), ma specularmente (X Y Y X).
L’esempio dantesco è definito chiasmo piccolo perché l’incrocio riguarda parole; logicamente a esso contrapponiamo il chiasmo grande, composto invece da frasi intere. Ecco alcuni versi de La capra di Umberto Saba. L’autore triestino, raccontando il momento in cui ha udito l’amara eco della sofferenza universale nel belato dell’animale, dice: “Questa voce [sentiva / gemere] {in una capra solitaria}. // {In una capra dal viso semita} / [sentiva querelarsi] ogni altro male, / ogni altra vita.” Ho usato le parentesi per rappresentare le relazioni tra membri: tra le quadre i verbi, tra le graffe i complementi indiretti.
Altra distinzione è quella tra chiasmo semplice e chiasmo complicato. Nel primo caso gli elementi collocati specularmente svolgono le stesse funzioni sintattiche, come nel petrarchesco “pace (oggetto) non trovo (verbo) et non ò da far (verbo) @guerra (oggetto)”. In questo caso gli elementi agli estremi (pace e guerra) sono entrambi dei complementi oggetto, quelli interni (non trovo e non ò da far) sono verbi transitivi. Nel chiasmo complicato possiamo avere poi una complicazione di tipo semantico oppure sintattico.
Quella di tipo semantico si ha quando sintatticamente c’è parallelismo (X Y X Y), ma semanticamente c’è specularità (X Y Y X). “Più vita ai nostri anni, non più anni alla nostra vita”, oltre che essere un interessante consiglio, ci rende chiara la cosa: i membri esterni sono vicini semanticamente (appartengono al campo semantico della vita), ma non sintatticamente (“più vita” è complemento oggetto, “alla nostra vita” è complemento di termine); idem quelli interni. Se le cose stanno al contrario (dunque il parallelismo è semantico e la specularità è sintattica) si ha una complicazione di tipo sintattico: in “se è caldo raffreddalo, riscaldalo se è freddo” abbiamo dei periodi ipotetici, con le protasi ai posti esterni e le apodosi a quelli interni (se… allora…, allora… se…), ma semanticamente i membri sono paralleli (caldo, freddo, caldo, freddo).
No, non è semplice (e non a caso l’hanno chiamato chiasmo complicato). Tra parallelismi e intrecci viene mal di testa, ma basta un po’ di schematismo per fugare ogni dubbio: il chiasmo è piccolo oppure grande, poi semplice oppure complicato. Quando è complicato, la complicazione può essere semantica o sintattica. La specificità di questa suddivisione è certamente interessantissima, ma l’importante è altro: semplicemente riconoscere il chiasmo, stando ovviamente attenti a non perdersi e ruzzolare tra le curve e gli angoli della χ.
In prosa come in poesia, notoriamente, si cantano e narrano richiami, riprese, giochi di intrecci. Non basta conoscere belle parole, ma ne si deve conoscere anche la bella disposizione. Il chiasmo è ordine e robustezza (in scultura è quell’artificio per cui a una gamba avanzata corrisponde il braccio opposto avanzato): inoltre, mentrerisponde a quel bisogno, costante, di equilibrio e specularità (l’armonia del Canone di Policleto torna non solo nel marmo, ma anche nelle idee), separa. Rigorosamente l’esterno è con l’esterno, l’interno col suo dirimpettaio: è con quest’equilibrio di certezza – che anche esteticamente tanto piace – che nasce il chiasmo.
“Quelli è Omero poeta sovrano; / l’altro è Orazio satiro che vene; / Ovidio è ‘l terzo, e l’ultimo è Lucano”. Siamo con Dante, scendendo all’Inferno, e arrivati al limbo nel quarto canto, casa dei pagani virtuosi, l’Alighieri ci indica, con un chiasmo, due grandi poeti del passato. “Ovidio (nome) è ‘l terzo (aggettivo), e l’ultimo (aggettivo) è Lucano (nome)”. Questa figura retorica prende il nome dalla lettera greca khi (χ) per via dell’intreccio dei membri della frase come delle braccia della lettera: i membri non sono quindi posti parallelamente tra loro (X Y X Y), ma specularmente (X Y Y X).
L’esempio dantesco è definito chiasmo piccolo perché l’incrocio riguarda parole; logicamente a esso contrapponiamo il chiasmo grande, composto invece da frasi intere. Ecco alcuni versi de La capra di Umberto Saba. L’autore triestino, raccontando il momento in cui ha udito l’amara eco della sofferenza universale nel belato dell’animale, dice: “Questa voce [sentiva / gemere] {in una capra solitaria}. // {In una capra dal viso semita} / [sentiva querelarsi] ogni altro male, / ogni altra vita.” Ho usato le parentesi per rappresentare le relazioni tra membri: tra le quadre i verbi, tra le graffe i complementi indiretti.
Altra distinzione è quella tra chiasmo semplice e chiasmo complicato. Nel primo caso gli elementi collocati specularmente svolgono le stesse funzioni sintattiche, come nel petrarchesco “pace (oggetto) non trovo (verbo) et non ò da far (verbo) @guerra (oggetto)”. In questo caso gli elementi agli estremi (pace e guerra) sono entrambi dei complementi oggetto, quelli interni (non trovo e non ò da far) sono verbi transitivi. Nel chiasmo complicato possiamo avere poi una complicazione di tipo semantico oppure sintattico.
Quella di tipo semantico si ha quando sintatticamente c’è parallelismo (X Y X Y), ma semanticamente c’è specularità (X Y Y X). “Più vita ai nostri anni, non più anni alla nostra vita”, oltre che essere un interessante consiglio, ci rende chiara la cosa: i membri esterni sono vicini semanticamente (appartengono al campo semantico della vita), ma non sintatticamente (“più vita” è complemento oggetto, “alla nostra vita” è complemento di termine); idem quelli interni. Se le cose stanno al contrario (dunque il parallelismo è semantico e la specularità è sintattica) si ha una complicazione di tipo sintattico: in “se è caldo raffreddalo, riscaldalo se è freddo” abbiamo dei periodi ipotetici, con le protasi ai posti esterni e le apodosi a quelli interni (se… allora…, allora… se…), ma semanticamente i membri sono paralleli (caldo, freddo, caldo, freddo).
No, non è semplice (e non a caso l’hanno chiamato chiasmo complicato). Tra parallelismi e intrecci viene mal di testa, ma basta un po’ di schematismo per fugare ogni dubbio: il chiasmo è piccolo oppure grande, poi semplice oppure complicato. Quando è complicato, la complicazione può essere semantica o sintattica. La specificità di questa suddivisione è certamente interessantissima, ma l’importante è altro: semplicemente riconoscere il chiasmo, stando ovviamente attenti a non perdersi e ruzzolare tra le curve e gli angoli della χ.
In prosa come in poesia, notoriamente, si cantano e narrano richiami, riprese, giochi di intrecci. Non basta conoscere belle parole, ma ne si deve conoscere anche la bella disposizione. Il chiasmo è ordine e robustezza (in scultura è quell’artificio per cui a una gamba avanzata corrisponde il braccio opposto avanzato): inoltre, mentre risponde a quel bisogno, costante, di equilibrio e specularità (l’armonia del Canone di Policleto torna non solo nel marmo, ma anche nelle idee), separa. Rigorosamente l’esterno è con l’esterno, l’interno col suo dirimpettaio: è con quest’equilibrio di certezza – che anche esteticamente tanto piace – che nasce il chiasmo.