Convulso

con-vùl-so

Significato Caratterizzato da convulsioni, contratto; rapido e scomposto, frenetico, febbrile

Etimologia voce dotta recuperata dal latino convulsus, propriamente participio passato di convellere ‘strappare, sconvolgere’, derivato di vellere ‘tirare’, con prefisso con-.

C’è una forza muscolare, in questa parola, tesa, se non violenta, e racconta il carattere di uno spasmo intenso — ma il suo nocciolo di significato è da intendere bene, perché ha esiti piuttosto diversi, e parte da presupposti differenti a seconda di come si interpreta l’etimologia.

Siamo sicuramente davanti a una voce dotta seicentesca, ricalcata in italiano dal latino convulsus, che è il participio passato di convellere, e fino a qui concordano tutti. Certi dizionari leggono questo termine come un derivato di vellere, ‘tirare’ (quello del ‘divellere’), preceduto da un prefisso ‘con-’ perfettivo, che cioè indica un’azione compiuta. Il concetto del ‘tirare compiuto’ di questo convellere si traduce in uno strappare (il tirare si conclude nello strappo), e questo significato dipinge in modo particolare ma efficace i movimenti, le contrazioni a strappi del convulso. Altri invece evidenziano che fra i significati di convellere c’è quello di ‘sconvolgere’: il ‘con-’ delinea l’insieme di una situazione, in questo caso quella agitata di un tirare, che arriva facilmente ad essere sconvolgente. E forse lo sconvolgere si avvicina di più ai tratti qualificati dal convulso. Resta il punto comune e certo: il tirare, il tendere.

Ovviamente il convulso può parlarci fisicamente di ciò che è caratterizzato o colpito da convulsioni, cioè da contrazioni involontarie e brusche dei muscoli — e quindi i medici potranno parlare di un moto convulso durante una crisi. Ma questo termine non vive solo nella rilevanza medica, anzi ha ampi usi non tecnici, e ci parla in senso più ampio di contrazioni, di movimenti rapidi e disordinati, ci dipinge il frenetico, il febbrile — nel solco di quella tensione estrema e scossa di cui ci raccontava l’etimologia. Possiamo parlare della notizia luttuosa che ci provoca un riso convulso, del pianto convulso o dei brividi convulsi che ci scuotono, come anche della ricerca convulsa del documento di cui abbiamo immediato bisogno, della risposta convulsa che diamo quando non sappiamo come giustificarci, di un traffico convulso e rissoso che blocca le strade.

Ed eccola la peculiarità evocativa del convulso: qui la tensione non è continua, né cresce e cala in modo graduale. Il convulso è singhiozzante, il suo tirare è a strappi, caotico, estremamente mobile e scomposto, senza un disegno, senza un piano — qualità che riconosciamo proprie della convulsione. Il fatto, poi, che si possa pronunciare a mascelle serrate non fa che tenderlo ancora di più.

Parola pubblicata il 13 Ottobre 2019