Frontiera
fron-tiè-ra
Significato Zona di confine, che delimita il territorio di uno Stato; zona molto avanzata di espansione ed esplorazione
Etimologia dal francese frontière, da front ‘fronte’.
Parola pubblicata il 28 Novembre 2024
fron-tiè-ra
Significato Zona di confine, che delimita il territorio di uno Stato; zona molto avanzata di espansione ed esplorazione
Etimologia dal francese frontière, da front ‘fronte’.
Parola pubblicata il 28 Novembre 2024
Una parola così semplice e usata conserva un’ambivalenza eccezionale, da valorizzare.
Si nota subito che ha pochi sinonimi, tutta gente molto chiara nell’esprimersi e pragmatica nel portare il proprio significato: il confine e il limite, termini di antica tradizione latina, magari la dogana, più pianamente amministrativa.
La frontiera si impernia sul fronte, linea avanzata che demarca, e su cui, nemmeno a dirlo, ci si fronteggia con qualcuno. Già questo termine è una proiezione anatomica formidabile, l’immobile muraglia d’osso sopra le mobilità del volto che si fa orientamento della persona e quindi della volontà. Ma restiamo sul punto.
La frontiera è frontiera fra realtà diverse: quando si ragiona o sragiona di chiudere e aprire le frontiere, quando parliamo dei controlli di frontiera, quando leggiamo di come Tizio e Caia passarono la frontiera, esistono dei di qua e dei di là ben definiti, statuiti e statuali. Però, non solo.
La frontiera spesso ha un tratto assoluto. Delimita e circoscrive solo un di qua noto; oltre c’è uno spazio aperto, ignoto, enorme di promesse, sfide, pericoli. Non è che oltre le frontiere della scienza attuale ci sia una controscienza: c’è il non conosciuto. Un’arte di frontiera non si contrappone ad altre arti della frontiera di là. La nuova frontiera non è quella che si è aperta con un nuovo dirimpettaio. Pensiamo a che differenza, qui, col confine e col limite: i confini della scienza, i limiti della scienza, impostano un discorso epistemologico; l’arte conosce confini e limiti suoi peculiari, ed essenzialmente per aderirvi e tradirli; il nuovo confine, il nuovo limite costringono.
In questo senso la frontiera non è nemmeno più una linea: la zona in cui si avanza non è una riga di quelle che amiamo tracciare sulle mappe, è una nebulosa che fa zona a sé, che di qua ha il normale, il solito, il ben frequentato: comincia ad essere abitata, esplorata — e peraltro ha i suoi ‘oltre’ ancora non immaginati, che ancora non si sa di non sapere.
È la frontiera del mito della frontiera, storiografico, quello americano del far west (diciamo americano in genere, perché ai tempi del mito confini e attori coinvolti erano diversi), una colonizzazione rarefatta, isolata, spalancata su espansioni ancora da compiere in una dimensione di autodeterminazione totale. Il modo in cui qui la frontiera fronteggia non ha una simmetria reciproca: è solitaria nell’inoltrarsi là dove volge la fronte.
È sempre curioso come certe idee così divergenti, concetti così divaricati convivano in uno stesso termine. Ma alla fine della frontiera si conosce il dipanarsi e l’atteggiarsi del fronte. Ciò che c’è oltre, alla struttura del concetto importa meno.