Etimologia voce dotta, recuperata da latino inconsumptus ‘intatto, eterno’, composto da in- negativo e consumptus, participio passato di consùmere ‘consumare’.
Incontriamo il fratello negativo del più noto ‘consunto’, e ci riserva qualche sorpresa.
‘Consunto’ varrebbe ‘consumato’, ma mantiene un più smaccato sapore latino. E se mi posso permettere una suggestione non scientifica (da non ripetere), nel ‘consunto’ c’è quell’unto che evoca una sottile di idea di consumato dal tocco delle mani, da strusciamenti quotidiani, da usi vivi che non solo logorano, ma lasciano un’ineliminabile traccia grassa - traccia che rimane anche quando il consunto è l’emaciato, lo sfinito, di cui quasi pare di vedere il sudore, il giallore malsano.
Ad ogni modo, l’inconsunto ci si presenta come ciò che non è consunto, e che quindi è intatto, inalterato. Sospiriamo guardando gli album candidi e le matite inconsunte che avevamo comprato con l’idea di riprendere a disegnare; notiamo come sarebbero più povere e morte certe statue esposte al tocco continuo di pellegrini e turisti, se invece fossero inconsunte, protette da una recinzione; stappiamo l’armagnac che il nonno ha comprato quando siamo nati, e il suo meraviglioso profumo, e il suo sapore opulento è inconsunto.
In una maniera piuttosto simile all’invitto, l’inconsunto non resta solo ciò che non è consumato, ma anche ciò che non è consumabile, ciò che non si può in assoluto alterare, esaurire. L’entusiasmo inconsunto con cui l’amico ci spinge a nuove avventure non lo spenge nemmeno la morte; la fantasia inconsunta dello sceneggiatore è la più rinnovabile delle fonti; e anche in occhi ormai opachi si legge la fiamma di passioni inconsunte. Dopotutto, l’inconsumptus latino aveva anche il significato di ‘eterno’.
(È sempre buffo incontrare il fratello di qualcuno che conosciamo bene, no?)
Incontriamo il fratello negativo del più noto ‘consunto’, e ci riserva qualche sorpresa.
‘Consunto’ varrebbe ‘consumato’, ma mantiene un più smaccato sapore latino. E se mi posso permettere una suggestione non scientifica (da non ripetere), nel ‘consunto’ c’è quell’unto che evoca una sottile di idea di consumato dal tocco delle mani, da strusciamenti quotidiani, da usi vivi che non solo logorano, ma lasciano un’ineliminabile traccia grassa - traccia che rimane anche quando il consunto è l’emaciato, lo sfinito, di cui quasi pare di vedere il sudore, il giallore malsano.
Ad ogni modo, l’inconsunto ci si presenta come ciò che non è consunto, e che quindi è intatto, inalterato. Sospiriamo guardando gli album candidi e le matite inconsunte che avevamo comprato con l’idea di riprendere a disegnare; notiamo come sarebbero più povere e morte certe statue esposte al tocco continuo di pellegrini e turisti, se invece fossero inconsunte, protette da una recinzione; stappiamo l’armagnac che il nonno ha comprato quando siamo nati, e il suo meraviglioso profumo, e il suo sapore opulento è inconsunto.
In una maniera piuttosto simile all’invitto, l’inconsunto non resta solo ciò che non è consumato, ma anche ciò che non è consumabile, ciò che non si può in assoluto alterare, esaurire. L’entusiasmo inconsunto con cui l’amico ci spinge a nuove avventure non lo spenge nemmeno la morte; la fantasia inconsunta dello sceneggiatore è la più rinnovabile delle fonti; e anche in occhi ormai opachi si legge la fiamma di passioni inconsunte. Dopotutto, l’inconsumptus latino aveva anche il significato di ‘eterno’.
(È sempre buffo incontrare il fratello di qualcuno che conosciamo bene, no?)