SignificatoImbevere di liquido; riempire, pervadere
Etimologia voce dotta, rifacimento del latino intèrere ‘tritare’ per analogie con altre forme (come il participio passato intritus).
In questa parola sono accolte molte anime dell’imbevere (tanto da renderla un verbo un po’ generico), ma è interessante notare che originariamente ne descriverebbe una specie molto particolare, che forse è in grado di spiegarci qualche sfumatura del termine.
La voce latina di cui ‘intridere’ è rifacimento trecentesco ha un primo significato molto netto: tritare, sminuzzare. E com’è che dal tritare si giunge all’imbevere? In italiano le prime attestazioni del termine ci raccontano un intridere che è un bagnare con un liquido una polvere, facendone una pasta - s’intride la farina per farne pane, il gesso per modellarlo e via dicendo. Si presenta quindi come un bagnare lo sminuzzato, stemperare il tritato. Azioni idealmente ben distinte, il tritare e l’inzuppare, ma nella pratica molto vicine, tanto che già in latino intèrere prendeva significati secondi di ‘inzuppare, imbevere’. In sintesi, quale è l’immagine alla base dell’intridere? Hai pestato il basilico e l’aglio e il sale nel mortaio, e inizi a intriderli d’olio.
È un imbevere sottile: non ha la grossezza esagerata e fradicia dell’inzuppare, né il corpo dell’impregnare (volentieri più solido). La sua penetrazione è fine, liscia, completa. Per dare calore al colore di una tenda troppo bianca la intrido di tè; il babà dev’essere intriso di rum, senza parti secche; il pane della bruschetta preparata troppo presto s’intride e disfa. Una penetrazione che si fa un riempire, un pervadere: la stanza è intrisa del profumo troppo forte dei gigli, ci ferisce la risposta intrisa di risentimento, ci rapisce la narrazione intrisa di storiografia, o quella intrisa di citazioni dotte e popolari.
Insomma, una parola che per quanto abbia mostrato una versatilità d’uso perfino eccessiva, tale da soffocarne i connotati peculiari, continua a mostrare certi tratti che la distinguono nettamente dai suoi sinonimi.
In questa parola sono accolte molte anime dell’imbevere (tanto da renderla un verbo un po’ generico), ma è interessante notare che originariamente ne descriverebbe una specie molto particolare, che forse è in grado di spiegarci qualche sfumatura del termine.
La voce latina di cui ‘intridere’ è rifacimento trecentesco ha un primo significato molto netto: tritare, sminuzzare. E com’è che dal tritare si giunge all’imbevere? In italiano le prime attestazioni del termine ci raccontano un intridere che è un bagnare con un liquido una polvere, facendone una pasta - s’intride la farina per farne pane, il gesso per modellarlo e via dicendo. Si presenta quindi come un bagnare lo sminuzzato, stemperare il tritato. Azioni idealmente ben distinte, il tritare e l’inzuppare, ma nella pratica molto vicine, tanto che già in latino intèrere prendeva significati secondi di ‘inzuppare, imbevere’. In sintesi, quale è l’immagine alla base dell’intridere? Hai pestato il basilico e l’aglio e il sale nel mortaio, e inizi a intriderli d’olio.
È un imbevere sottile: non ha la grossezza esagerata e fradicia dell’inzuppare, né il corpo dell’impregnare (volentieri più solido). La sua penetrazione è fine, liscia, completa. Per dare calore al colore di una tenda troppo bianca la intrido di tè; il babà dev’essere intriso di rum, senza parti secche; il pane della bruschetta preparata troppo presto s’intride e disfa. Una penetrazione che si fa un riempire, un pervadere: la stanza è intrisa del profumo troppo forte dei gigli, ci ferisce la risposta intrisa di risentimento, ci rapisce la narrazione intrisa di storiografia, o quella intrisa di citazioni dotte e popolari.
Insomma, una parola che per quanto abbia mostrato una versatilità d’uso perfino eccessiva, tale da soffocarne i connotati peculiari, continua a mostrare certi tratti che la distinguono nettamente dai suoi sinonimi.