Etimologia voce dotta presa in prestito dal latino manifestare, derivata di manifestus ‘evidente’, ma anche ‘criminale preso sul fatto’.
Scarpe ben allacciate, perché la parola è comune ma il percorso difficile — per arrivare a una vista finale superba. Se qualcuno nel manifestare, così come nella manifestazione e nel manifesto (sia aggettivo sia sostantivo) sente un po’ per celia le mani e magari anche la festa — non c’è un certo fermento di gente in piena evidenza, nel manifestare? — si tenga strette queste idee perché un po’ rimodulate sono quelle che portano alla meta.
Manifestare vuol dire far conoscere, rendere palese qualcosa: con la mia fretta d’andare manifesto una certa insofferenza, manifestiamo in piazza il nostro sostegno a una causa (il senso di ‘dimostrare in pubblico’ è una trovata francese), ed è in piccole cure che la potenza dell’ospitalità si manifesta. Un’esternazione che arriva a caratterizzare, a denotare, e che sfrutta ogni canale di comunicazione, dalla parola scritta all’atteggiamento. Di qui s’intende facilmente anche la consistenza della manifestazione, del manifesto.
Ora, questo verbo viene preso in prestito dal latino agli albori dell’italiano — e qui si parla di albori che lumeggiano in maniera particolarmente suggestiva: la prima attestazione è del 1219, nel primo statuto cittadino redatto in volgare, il famoso Breve di Montieri, nel grossetano. Il verbo ‘manifestare’ esisteva pari pari in latino, e si tratta di un derivato di manifestus, che ha un primo significato inatteso: il criminale preso sul fatto.
‘Manifestare’ è parente di ‘infestare’ poiché manifestus è parente di infestus: se l’infestare, in italiano, è un essere presente di entità nocive, pericolose — i fantasmi infestano i castelli, i parassiti infestano l’albero da frutto — l’infestus è l’ostile, il molesto. Il nesso di parentela e perno di tutto il discorso è quel -festus, che a dispetto della somiglianza non c’entra nulla con la festa né è attestato come termine autonomo: qui vuol dire qualcosa come ‘preso’. E nel manifestus, allora? Abbiamo un ‘preso per mano’.
Il criminale colto in flagrante è fotografato dai latini nel momento cinematografico in cui qualcuno gli prende la mano furtiva, assassina, rapinosa — in cui qualcuno lo prende. È questo istante primo della cattura che distingue il manifestus dal resto della folla, che gli punta addosso l’occhio di bue, che lo rivela e rende evidente. «Eccolo!» grida sempre qualcuno in quell’istante.
Quando manifestiamo un’urgenza o una contrarietà, manifestiamo un dubbio, un sentimento, quando un carattere si manifesta in un passaggio o in un comportamento, quello è il momento in cui acchiappiamo con la mano la mano di un fuggente tratto di realtà, preso sul fatto, e lo presentiamo all’evidenza del pubblico, della piazza, degli altri, con una concretezza che si stringe fra le dita.
Inarrivabile questa parola nel far partire un concetto tanto vasto e astratto quanto può esserlo il ‘far conoscere, rendere palese’ con un’immagine anzi un gesto così fisico, forte, perfino violento di riconoscimento di mani che catturano. Il manifestare, visto da quassù, ha proprio un altro aspetto.
Scarpe ben allacciate, perché la parola è comune ma il percorso difficile — per arrivare a una vista finale superba. Se qualcuno nel manifestare, così come nella manifestazione e nel manifesto (sia aggettivo sia sostantivo) sente un po’ per celia le mani e magari anche la festa — non c’è un certo fermento di gente in piena evidenza, nel manifestare? — si tenga strette queste idee perché un po’ rimodulate sono quelle che portano alla meta.
Manifestare vuol dire far conoscere, rendere palese qualcosa: con la mia fretta d’andare manifesto una certa insofferenza, manifestiamo in piazza il nostro sostegno a una causa (il senso di ‘dimostrare in pubblico’ è una trovata francese), ed è in piccole cure che la potenza dell’ospitalità si manifesta. Un’esternazione che arriva a caratterizzare, a denotare, e che sfrutta ogni canale di comunicazione, dalla parola scritta all’atteggiamento. Di qui s’intende facilmente anche la consistenza della manifestazione, del manifesto.
Ora, questo verbo viene preso in prestito dal latino agli albori dell’italiano — e qui si parla di albori che lumeggiano in maniera particolarmente suggestiva: la prima attestazione è del 1219, nel primo statuto cittadino redatto in volgare, il famoso Breve di Montieri, nel grossetano. Il verbo ‘manifestare’ esisteva pari pari in latino, e si tratta di un derivato di manifestus, che ha un primo significato inatteso: il criminale preso sul fatto.
‘Manifestare’ è parente di ‘infestare’ poiché manifestus è parente di infestus: se l’infestare, in italiano, è un essere presente di entità nocive, pericolose — i fantasmi infestano i castelli, i parassiti infestano l’albero da frutto — l’infestus è l’ostile, il molesto. Il nesso di parentela e perno di tutto il discorso è quel -festus, che a dispetto della somiglianza non c’entra nulla con la festa né è attestato come termine autonomo: qui vuol dire qualcosa come ‘preso’. E nel manifestus, allora? Abbiamo un ‘preso per mano’.
Il criminale colto in flagrante è fotografato dai latini nel momento cinematografico in cui qualcuno gli prende la mano furtiva, assassina, rapinosa — in cui qualcuno lo prende. È questo istante primo della cattura che distingue il manifestus dal resto della folla, che gli punta addosso l’occhio di bue, che lo rivela e rende evidente. «Eccolo!» grida sempre qualcuno in quell’istante.
Quando manifestiamo un’urgenza o una contrarietà, manifestiamo un dubbio, un sentimento, quando un carattere si manifesta in un passaggio o in un comportamento, quello è il momento in cui acchiappiamo con la mano la mano di un fuggente tratto di realtà, preso sul fatto, e lo presentiamo all’evidenza del pubblico, della piazza, degli altri, con una concretezza che si stringe fra le dita.
Inarrivabile questa parola nel far partire un concetto tanto vasto e astratto quanto può esserlo il ‘far conoscere, rendere palese’ con un’immagine anzi un gesto così fisico, forte, perfino violento di riconoscimento di mani che catturano. Il manifestare, visto da quassù, ha proprio un altro aspetto.