Caratterizzazione

L'italiano sul palcoscenico

ca-rat-te-riz-za-zió-ne

Significato Atto e risultato del caratterizzare, ossia del contraddistinguere, del definire

Etimologia attraverso il francese caractérisation, dal greco karakterízo, derivato di karaktér ‘impronta’, da karásso ‘incido’.

Per capire il concetto di caratterizzazione è essenziale cogliere il nucleo del carattere, questo è naturale: la caratterizzazione consiste nella definizione di un carattere o dei caratteri di qualcosa o di qualcuno. A vederla è un’attività eminentemente artistica, che ha soprattutto a che fare con la costruzione dei personaggi di una narrazione, ma dalla caratterizzazione non scampa nessuno: a ben vedere passiamo tutto il nostro tempo a dipingerci una caratterizzazione delle persone e dei fenomeni che ci circondano e muovono, della realtà dentro e fuori di noi. Noi stessi veniamo caratterizzati. Nel decidere com’è la realtà, chi più chi meno, abbiamo tutti una testa da cantastorie.

Ebbene, il carattere è l’impronta. Questo è il significato del greco karaktér, derivato del verbo karásso ‘incido’, poi passato in latino. Chiaramente nasce avendo a che fare (come ha a che fare ancora oggi) coi caratteri grafici, con la scrittura, ma l’idea che, al modo delle parole che sono incise sulla tavoletta, segnate sul papiro, ci siano dei tratti umani che ci distinguono e rendono riconoscibili – incisioni di espressioni, di atteggiamenti – tanto quanto parole o cifre, è una suggestione parimenti antica. Teofrasto, discepolo e successore di Aristotele come scolarca del Liceo di Atene, scrisse un’opera rimasta famosa, i caratteri: vi descriveva trenta caratteri, trenta caricature di tratti caratterizzanti umani - l’avarizia, la scurrilità, la superbia, la codardia e via dicendo. Un lavoro che i drammaturghi furono i primi ad applaudire: è una riflessione che analizzando i caratteri estremi, schiude le porte dei tipi umani e di finzioni più rifinite.

Fare una caratterizzazione, o interrogarci su una caratterizzazione è costruire, cercare di capire i segni che distinguono persone e situazioni, ciò che le contraddistingue come singole o appartenenti a una famiglia, ciò che le staglia sul foglio bianco del mondo. Magari con sfaccettature non troppo precise, che si fermano a temperamenti e profili principali, e che però ci orientano, fanno un ‘tu’, fanno un ‘io’. Senza caratterizzazione resta l’anonimato, l’ignoto, lo stereotipo.

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Nel Settecento la Commedia dell’Arte, con la sua comicità crassa e le maschere fisse, era ormai sorpassata; nessuno però riusciva a immaginare qualcosa di diverso. Poi arrivò Goldoni. Questo stravagante veneziano buttò alle ortiche una promettente carriera giuridica per diventare drammaturgo. Più volte si trovò contro sia il pubblico sia gli attori – nonostante tutto affezionati ai vecchi sistemi – e morì in miseria all’estero. Eppure fu lui a fondare il teatro italiano moderno.

Anzitutto cercò di eliminare l’improvvisazione, chiedendo agli attori di attenersi al testo scritto. Questo gli permise di creare dinamiche più complesse: le maschere si trasformarono in caratteri, con una specifica psicologia e collocazione sociale. Sebbene un po’ estremizzati, erano verosimili; anzi a volte erano proprio veri, presi pari pari tra i conoscenti di Goldoni. A pensarci, è strano che nessuno abbia mai tentato di avvelenarlo.

In altri casi i personaggi erano modellati su coloro che li avrebbero interpretati. Goldoni infatti cercava di educare gradualmente gli attori al nuovo modo di recitare, creando anche personaggi simili a loro per agevolarli. In un certo senso ha anticipato di 200 anni il metodo di immedesimazione dell’attore nel personaggio messo a punto da Stanislavskij, in Russia, e diventato famoso in tutto il mondo.

Inoltre Goldoni mantenne i vecchi tipi psicologici, riformandoli dall’interno. Per esempio ne “Gl’innamorati” ritroviamo la formula-base della commedia latina: innamorato ardente e imbranato + giovane bella non ricca + rivale gerarchicamente superiore ma tutto sommato cretino = peripezie varie a lieto fine. I protagonisti però sembrano una versione arcaica di “Pride and prejudice”: si prendono, si mollano, si ingelosiscono, si impuntano. Tant’è che gli altri personaggi sono un po’ perplessi. “Si amano, o non si amano?” chiede uno a un certo punto. E un’altra risponde: “Sono innamoratissimi, ma sono tutti e due puntigliosi. Eugenia è sofistica. Fulgenzio è caldo, intollerante, subitaneo.”

L’attenta caratterizzazione, peraltro, aveva uno scopo nobile: facilitare l’immedesimazione del pubblico perché traesse dalle vicende un insegnamento per sé. In questo caso la morale è che nei rapporti ci vogliono equilibrio, ragionevolezza e tolleranza; ideali propri non solo di Goldoni ma di tutta la sua epoca, detta Illuminismo proprio perché si affidava alla luce della ragione. Infatti fu quest’epoca che in Francia vide nascere la prima enciclopedia e la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, e che in pratica plasmò la mentalità occidentale.

Parola pubblicata il 14 Novembre 2019

L'italiano sul palcoscenico - la Settimana della lingua italiana nel mondo 2019 (in India)

Su incarico dell'Istituto Italiano di Cultura di Mumbai, oltre che del Consolato Generale d'Italia a Mumbai e con l'associazione dell'Istituto Italiano di Cultura di Nuova Delhi, la settimana dall'11 al 17 novembre vi proponiamo un ciclo di sette parole con cui ripercorrere la storia del teatro in Italia, da quello antico al contemporaneo: festeggeremo così la XIX Settimana della lingua italiana nel Mondo (in India è differita a questa settimana). Questa edizione gravita sul teatro e l'opera: le parole sono di Giorgio Moretti, gli approfondimenti sul teatro di Lucia Masetti.