SignificatoChe ha buona capacità visiva di notte o in condizioni di luce scarsa; che ha capacità visiva minorata di giorno o in piena luce
Etimologia attraverso il francese nyctalope dal greco nyctálōps composto di nýx ‘notte’, e óps ‘vista’.
Ah, una parola suggestiva, ci sarà da parlare di quando volano le civette, fendendo le tenebre, o di quando usciamo dall’androne di casa nel mezzogiorno di giugno. Ma proprio per la delicatezza dei significati con cui questo dotto termine ci lusinga c’è da fare un’attenzione in più.
La nictalopia, cioè la condizione propria del nittàlopo (o nictàlopo, o nictàlope in varianti meno adattate), può essere fisiologica o patologica. Non si deve aver fretta di scremare la poesia da un termine che ci racconta anche la malattia della vista, un indebolimento dalle molte cause, anche molto serie, che trova una fragile tregua nella penombra. Ma accolta questa parte si può cogliere anche quella dell’antica ambigua meraviglia per gli animali nittàlopi, ora simboli di riflessione, che si muovono nel mondo alla fine del caos del giorno, ora incarnazioni di minacce ancestrali che proprio col dominio della luce del fuoco i nostri trisavoli Erectus hanno iniziato a sfidare.
Così possiamo parlare (quando siamo in vena di precisione o quando vogliamo tenere un registro alto e — diciamoci la verità — impressionante) di quando il lungo lavoro nella stanza buia ci rende nittàlopi e uscirne anche solo per andare in bagno attraverso il corridoio luminoso diventa un viaggio disorientante, della bella nittàlopa che senza l’aiuto della luna ci conduce per mano nel parco o nel campo, dello spavento che ci prendiamo incrociando il coinquilino nittàlopo che si muove silenzioso e rapido nella casa buia.
Per completezza va detto che c’è però un problema, in coda, e non è piccolo, anzi è così grosso da rovinare il quadro: il significato di questa parola è storicamente oscillante, essendo stata usata per indicare ora il veder male ora il veder bene con la luce fioca — una variabilità che si trova anche confrontando gli esiti in altre lingue. I dizionari qui confondono, e le stesse ricostruzioni etimologiche sono spesso opposte ai significati descritti (la più riportata inserisce nella composizione greca anche alaós, ‘cieco’, e ha come esito il significato globale di ‘cieco di notte’). Forse siamo davanti a una parola così difficile che è capace di confondere tutti. Qui ho proposto la ricostruzione dei dizionari di De Mauro, che sul punto pare siano gli unici a fornire una versione coerente e spendibile.
Ah, una parola suggestiva, ci sarà da parlare di quando volano le civette, fendendo le tenebre, o di quando usciamo dall’androne di casa nel mezzogiorno di giugno. Ma proprio per la delicatezza dei significati con cui questo dotto termine ci lusinga c’è da fare un’attenzione in più.
La nictalopia, cioè la condizione propria del nittàlopo (o nictàlopo, o nictàlope in varianti meno adattate), può essere fisiologica o patologica. Non si deve aver fretta di scremare la poesia da un termine che ci racconta anche la malattia della vista, un indebolimento dalle molte cause, anche molto serie, che trova una fragile tregua nella penombra. Ma accolta questa parte si può cogliere anche quella dell’antica ambigua meraviglia per gli animali nittàlopi, ora simboli di riflessione, che si muovono nel mondo alla fine del caos del giorno, ora incarnazioni di minacce ancestrali che proprio col dominio della luce del fuoco i nostri trisavoli Erectus hanno iniziato a sfidare.
Così possiamo parlare (quando siamo in vena di precisione o quando vogliamo tenere un registro alto e — diciamoci la verità — impressionante) di quando il lungo lavoro nella stanza buia ci rende nittàlopi e uscirne anche solo per andare in bagno attraverso il corridoio luminoso diventa un viaggio disorientante, della bella nittàlopa che senza l’aiuto della luna ci conduce per mano nel parco o nel campo, dello spavento che ci prendiamo incrociando il coinquilino nittàlopo che si muove silenzioso e rapido nella casa buia.
Per completezza va detto che c’è però un problema, in coda, e non è piccolo, anzi è così grosso da rovinare il quadro: il significato di questa parola è storicamente oscillante, essendo stata usata per indicare ora il veder male ora il veder bene con la luce fioca — una variabilità che si trova anche confrontando gli esiti in altre lingue. I dizionari qui confondono, e le stesse ricostruzioni etimologiche sono spesso opposte ai significati descritti (la più riportata inserisce nella composizione greca anche alaós, ‘cieco’, e ha come esito il significato globale di ‘cieco di notte’). Forse siamo davanti a una parola così difficile che è capace di confondere tutti. Qui ho proposto la ricostruzione dei dizionari di De Mauro, che sul punto pare siano gli unici a fornire una versione coerente e spendibile.