SignificatoRagazzo che, nel secondo dopoguerra, viveva facendo lavoretti per gli Alleati, in particolare il lustrascarpe; piccolo criminale
Etimologia adattamento dall’inglese shoe-shine ‘lustratura di scarpe’.
Le parole che sopravvivono a ciò che significano restano una testimonianza preziosa, come quella di un nonno.
Questa parola è un adattamento popolare napoletano di una locuzione inglese che riecheggiava durante l’occupazione alleata alla fine della seconda guerra mondiale. I più poveri fra i ragazzini di Napoli offrivano ai militari i loro servigi di lustrascarpe trasformando l’inglese ‘shoe-shine’ (lustratura di scarpe) in ‘sciuscià’, in un ambiente in cui spesso l’accattonaggio e la piccola criminalità non erano una scelta. Un termine che ebbe grande successo anche fuori di Napoli, specie a Roma, da cui si diramò in tutta Italia. Divenne un termine giornalistico per indicare giovanissimi accattoni, piccoli criminali, e fu consacrato da De Sica nel suo omonimo film.
Oggi è una parola desueta, e di sciuscià non si sente più parlare (al massimo ci sono i baby-spacciatori). Ma resta un patrimonio comune della nostra cultura, uno di quei segni che è importante tenere a mente per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare.
Le parole che sopravvivono a ciò che significano restano una testimonianza preziosa, come quella di un nonno.
Questa parola è un adattamento popolare napoletano di una locuzione inglese che riecheggiava durante l’occupazione alleata alla fine della seconda guerra mondiale. I più poveri fra i ragazzini di Napoli offrivano ai militari i loro servigi di lustrascarpe trasformando l’inglese ‘shoe-shine’ (lustratura di scarpe) in ‘sciuscià’, in un ambiente in cui spesso l’accattonaggio e la piccola criminalità non erano una scelta. Un termine che ebbe grande successo anche fuori di Napoli, specie a Roma, da cui si diramò in tutta Italia. Divenne un termine giornalistico per indicare giovanissimi accattoni, piccoli criminali, e fu consacrato da De Sica nel suo omonimo film.
Oggi è una parola desueta, e di sciuscià non si sente più parlare (al massimo ci sono i baby-spacciatori). Ma resta un patrimonio comune della nostra cultura, uno di quei segni che è importante tenere a mente per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare.