Cupidigia

cu-pi-dì-gia

Significato Brama smodata

Etimologia dal latino: cupio desidero ardentemente.

Il suono scuro della parola evoca gli antri dell’ego in cui una bestia di brama sfrenata ingoia intere tavole imbandite tentando di soddisfare un appetito inestinguibile. È il circolo vizioso del potere per il potere, della ricchezza per la ricchezza, che attrae nel suo vortice anche i non potenti - che cercano pace nella sopraffazione -, anche nei non ricchi - che ostentano beni esclusivi al di sopra del buon senso e del gusto.

Non è evanescente e pura come il desiderio (casto anche quando è carnale) né volontaria come la brama: è più simile all’avido avaro, all’ingordo cieco. Il cùpido osserva gelosamente la soddisfazione effimera delle proprie viscere, nelle quali conserva le suppurazioni maldigeste del piacere, la sanie di una voglia che non è mai volontà - stampella tarlata dell’egoismo.

Nota mitologica extra: c’entra qualcosa con Cupìdo?

Ebbene sì, il nome del putto che se ne va sfarfallando in giro a fare innamorare le persone fulminandole con frecce a forma di cuore deriva dall’insopprimibile desiderio che genera in chi colpisce.

Iconografie sanvalentiniane a parte, Cupido non sarebbe un putto, ma il giovane e bellissimo dio dell’amore, del sesso e del desiderio - secondo alcuni miti figlio di Venere e Marte, secondo altri divinità primordiale, altresì noto come Eros o Amore, personaggio di spessore della letteratura classica.

Se oggi è un putto grasso e stupido è colpa nostra che ci abbiamo pasticciato sopra, mannaggia a noi.

Parola pubblicata il 08 Novembre 2011