Cincin
cin-cìn
Significato Alla salute!, prosit!, detto durante un brindisi
Etimologia dal verbo cinese qǐng (请), ‘prego’ o ‘per favore’, successivamente raddoppiato e da noi interpretato come onomatopea di due bicchieri che battono.
Parola pubblicata il 12 Giugno 2020
Parole cinesi - con Francesco Nati
Le parole cinesi entrate in italiano non sono tante, ma sono importanti: in massima parte estremamente comuni, la loro storia è in grado di raccontarci uno dei contatti culturali più complessi e meno conosciuti che ci siano fra l'italiano e un'altra lingua. Le scopriremo un venerdì su due.
In tutto il mondo esistono espressioni tipiche di un brindisi con parenti o amici, dal cheers anglosassone al tedesco prost, ma il ‘cin cin’ italiano, come il francese tchin tchin, è la tappa finale di un lungo viaggio che parte dall’estremo oriente, precisamente dalla Cina. Qualcuno potrebbe notare l’assonanza tra il nome del Paese e la nostra parola di oggi: pura coincidenza, in quanto il nome del Regno di Mezzo probabilmente ha a che fare con la dinastia Qin o Ch’in (255-206 a. C.), durante la quale l’impero venne unificato per la prima volta.
Dunque, durante il regno dell’ultima dinastia cinese dei Qing (1644 – 1912), in seguito alla progressiva apertura dei commerci con l’occidente, in particolare nel sud del Paese aumentarono i contatti tra questi due mondi in precedenza così distanti. L’abitudine tipicamente cinese di offrire del tè agli ospiti espose marinai e commercianti all’espressione qing (omofono della dinastia regnante, ma di significato completamente diverso), con la quale gli abitanti di Canton, l’odierna Guangzhou, offrivano ai “nasi lunghi” la bevanda ambrata durante le trattative commerciali. Il suono piacque così tanto agli inglesi che ne fecero un saluto un po’ scherzoso, con il senso di ‘buona giornata’, diffondendolo prima nell’Inghilterra vittoriana e poi gradualmente in tutti i Paesi europei. La stessa espressione compare anche nell’operetta La Geisha di S. Jones (1896), in particolare nel brano Chin chin Chinaman (con un testo non proprio politicamente corretto, che derideva il povero negoziante incapace di pronunciare la ‘r’: “Cin cin il cinese, moto moto tliste… io paula che comelcio moto moto male…”), che al tempo ebbe un buon riscontro di pubblico.
Non si sa con esattezza quando il ‘cin cin’ sia stato introdotto in Italia, presumibilmente bisogna risalire all’inizio del XX secolo (in Francia la prima occorrenza è del 1902), quando iniziò a prendere piede anche per l’allegria sprigionata dalla simpatica combinazione di sillabe. Nel frattempo, in inglese ha perso il suo significato beneaugurale durante i brindisi e oggi viene talvolta usato come saluto scherzoso.
Vale la pena ricordare che gli orientalisti ne sconsigliano l’uso con ospiti giapponesi, in quanto, nella lingua del Paese nipponico, chinchin (ちんちん) è uno dei nomi con cui si indica l’organo riproduttivo maschile. Se ci teniamo a fare bella figura, ricordiamo che i giapponesi per brindare dicono kanpai, letteralmente “vuota il bicchiere”, che a sua volta, come il coreano konbae, deriva dal cinese ganbei, con lo stesso significato.