Citaredo
ci-ta-rè-do
Significato Poeta-musicista dell’antica Grecia che si accompagnava con la cetra
Etimologia dal latino citharoedus, dal greco kitharoidós, composto di kithára ‘cetra’ e aoidós ‘cantore’.
Parola pubblicata il 18 Dicembre 2022
Le parole della musica - con Antonella Nigro
La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale
Il termine odierno è formato da kithára e aoidós. Nella forma kítharis, la parola ricorre già nel terzo libro dell’Iliade e denomina lo strumento che godeva di maggior prestigio tra i Greci. Inventato da Apollo, rappresentava gli ideali della bellezza e della virtù, del bello e del buono. Diversamente, l’aoidós (ovvero l’aedo) era il cantore per eccellenza e aveva come suo modello il cantore-veggente cieco, come sembra che fosse il grande Omero.
Nella cultura greca il concetto di poesia comprendeva in qualche maniera anche quello di musica, e la citarodia fu l’arte poetico-musicale più diffusa nel Mediterraneo antico per molti secoli. Il citaredo, che suonava la cetra con il plettro o raramente con le dita, non si limitava a far vibrare con abilità le corde del proprio strumento (come il citarista), ma era anche cantore, compositore e autore dei versi: insomma, una sorta di menestrello o di trovatore ante litteram.
Le fonti riportano nomi e storie di famosi virtuosi, presunti o reali: Arione, Terpandro, Simonide di Ceo e altri ancora. Erano musicisti professionisti che potevano guadagnare un mucchio di denaro e, in quel caso, ostentavano la loro ricchezza. Erodoto raccontò che Arione, il favorito del tiranno di Corinto, Periandro, se ne andò comunque in tournée in Sicilia e nell’Italia meridionale, dove giravano i soldi veri, qualcosa di simile a quello che farebbe una capricciosa rock star di oggi, se consigliata da un impresario con pochi scrupoli.
Sarà stato il fascino dell’artista, oppure altro… sta di fatto che i citaredi attiravano l’attenzione di donne e uomini, in tutti i sensi. Tuttavia, non è sempre facile distinguere se il citaredo fosse di sesso femminile o maschile, visto che la lingua greca, a differenza del latino, non ammetteva una forma distinta del termine per il genere femminile.
I citaredi prestavano la loro opera in occasioni pubbliche, religiose e feste che prevedessero gare musicali e atletiche, come le Pitiche o le Grandi Panatenee. Di solito, vestivano con cura; incoronati da un serto d’alloro, portavano un abito fluente con il bordo colorato o una lunga veste ricoperta da un mantello allacciato sulla spalla. Per familiarizzare con questa figura del lontano passato, si può pensare all’imperatore Nerone, che l’iconografia classica presenta quasi sempre in veste di citaredo.
Durante le competizioni citarodiche i concorrenti erano collocati su un piccolo podio mentre i giudici, indossando ghirlande e impugnando bastoni, seduti vicino o in piedi, valutavano l’esecuzione e la bontà della composizione. I premi assegnati durante gli agoni musicali erano più alti di quelli guadagnati da qualsiasi altro artista.
Una parte importante del repertorio era costituita dai nomoi, la cui invenzione è tradizionalmente attribuita a Terpandro. L’Iliade narra del leggendario musicista tracio Tamiri, che osò competere con le Muse. Purtroppo per lui, come già l’aulete Marsia, aveva scelto l’avversario sbagliato. Le nove divine donzelle punirono la sua arroganza accecandolo, togliendogli il ‘canto divino’ e facendogli dimenticare come si suonava il suo strumento. E Timoteo, un famoso musicista della fine del V secolo a. C., fu punito dalle autorità per aver infranto le norme che regolavano i concorsi e per aver eseguito opere considerate inappropriate per i giovani.
Più tardi, i citaredi trovarono impiego anche a Roma (la kithára a Roma divenne cĭthăra, poi citĕra… vale a dire, in italiano, la cetra), dove lavorarono tra banchetti, feste, riti e rappresentazioni teatrali sino alla tarda antichità.
Apollo Citaredo, affresco romano di epoca augustea, Museo Palatino, Roma.
Oggi il citaredo è rievocato soprattutto per indicare il poeta o l’oratore ispirato, e forse si possono cercare i suoi successori fra alcuni cantautori, come Fabrizio De André o Francesco Guccini. Beh, in questo caso forse potremmo chiamarli cit-eredi.