SignificatoCugino, in particolare da parte di madre, e ancor più specificamente nato dalla sorella della madre
Etimologia voce dotta recuperata dal latino consobrinus, composto di cum- ‘con’ e sobrinus ‘cugino’, da soror ‘sorella’.
E che parola è? Chi l’ha vista mai? Ebbene, questa parola è una chiave che ci fa accedere ai misteri della cuginanza.
Si tratta di un recupero dotto del termine latino ‘consobrinus’ — il quale, attraverso deformazioni popolari non del tutto chiarite, è riemerso in diverse lingue romanze, fra cui l’antico francese, dal cui cosin prendiamo in prestito il nostro ‘cugino’.
Il dato curioso è che ‘consobrinus’ non designava una qualsiasi persona in posizione di cuginanza, cioè discendente di fratello o sorella di padre o madre. Era specificamente figlio o figlia della sorella della madre. Più precisamente, descriveva un rapporto di parentela parallelo (che scaturisce da due sorelle) e matrilineare — il ‘con-’, che indica una posizione parentale condivisa, si installa sul sobrinus, che già da sé significa cugino o cugina, letteralmente ‘della sorella’ (soror in latino).
«Vedi? Il latino aveva una parola proprio per tutto», potremmo dire. Ebbene, quando si parla di questi rapporti di parentela diverse lingue indoeuropee sono state in grado di distinguere le otto tipologie di cuginanza possibili — figlia o figlio della sorella o del fratello del padre, figlia o figlio della sorella o del fratello della madre. Chi nasceva dalla sorella del padre, era amitinus, o amitina, se discendente dal fratello del padre patruelis — e alcune fonti riportano atruelis come discendente del fratello della madre.
Ma tanta specificità ha un costo. Non in tutte le epoche e in tutte le società vale la pena conservare una tale complessità di rappresentazione — dipende dalla conformazione famigliare e da certe concezioni studiate dall’antropologia. D’altra parte c’è una certa tensione, da parte delle parole, a traboccare e semplificare. Già in latino il consobrinus (come anche l’amitinus) ha indicato in genere le persone legate da un primo grado di cuginanza. E questo, in particolare (magari per la forza icastica del prefisso con-) è stato in grado di superare i secoli bui — o meglio i secoli al buio, quelli del medioevo in cui le attestazioni scritte scarseggiano — consegnandoci la varietà romanza dei cugini e delle cugine.
Ma quando — succede — ci sentiamo in vena di scherzi, oppure quando cerchiamo una precisione superiore per qualche occasione solenne, in cui la cuginanza ci pare possa giovarsi di una specificazione in più, possiamo presentare a chi arriva a pranzo i nostri eminenti consobrini che sono impegnati a discutere di calcio sparando parolacce a raffica, o parlare della consobrina della duchessa di Rachbaum, figlia della sorella della duchessa madre. Non si sa mai che cosa ci capiterà di voler dire.
E che parola è? Chi l’ha vista mai? Ebbene, questa parola è una chiave che ci fa accedere ai misteri della cuginanza.
Si tratta di un recupero dotto del termine latino ‘consobrinus’ — il quale, attraverso deformazioni popolari non del tutto chiarite, è riemerso in diverse lingue romanze, fra cui l’antico francese, dal cui cosin prendiamo in prestito il nostro ‘cugino’.
Il dato curioso è che ‘consobrinus’ non designava una qualsiasi persona in posizione di cuginanza, cioè discendente di fratello o sorella di padre o madre. Era specificamente figlio o figlia della sorella della madre. Più precisamente, descriveva un rapporto di parentela parallelo (che scaturisce da due sorelle) e matrilineare — il ‘con-’, che indica una posizione parentale condivisa, si installa sul sobrinus, che già da sé significa cugino o cugina, letteralmente ‘della sorella’ (soror in latino).
«Vedi? Il latino aveva una parola proprio per tutto», potremmo dire. Ebbene, quando si parla di questi rapporti di parentela diverse lingue indoeuropee sono state in grado di distinguere le otto tipologie di cuginanza possibili — figlia o figlio della sorella o del fratello del padre, figlia o figlio della sorella o del fratello della madre. Chi nasceva dalla sorella del padre, era amitinus, o amitina, se discendente dal fratello del padre patruelis — e alcune fonti riportano atruelis come discendente del fratello della madre.
Ma tanta specificità ha un costo. Non in tutte le epoche e in tutte le società vale la pena conservare una tale complessità di rappresentazione — dipende dalla conformazione famigliare e da certe concezioni studiate dall’antropologia. D’altra parte c’è una certa tensione, da parte delle parole, a traboccare e semplificare. Già in latino il consobrinus (come anche l’amitinus) ha indicato in genere le persone legate da un primo grado di cuginanza. E questo, in particolare (magari per la forza icastica del prefisso con-) è stato in grado di superare i secoli bui — o meglio i secoli al buio, quelli del medioevo in cui le attestazioni scritte scarseggiano — consegnandoci la varietà romanza dei cugini e delle cugine.
Ma quando — succede — ci sentiamo in vena di scherzi, oppure quando cerchiamo una precisione superiore per qualche occasione solenne, in cui la cuginanza ci pare possa giovarsi di una specificazione in più, possiamo presentare a chi arriva a pranzo i nostri eminenti consobrini che sono impegnati a discutere di calcio sparando parolacce a raffica, o parlare della consobrina della duchessa di Rachbaum, figlia della sorella della duchessa madre. Non si sa mai che cosa ci capiterà di voler dire.