Corda

còr-da

Significato Treccia di fili ritorti, realizzata con diversi materiali, usata per legare, sostenere, tirare, trainare o altro. Negli strumenti musicali, filo con sezione uniforme che, messo in tensione, se pizzicato, colpito, sfregato o comunque sollecitato, produce vibrazioni sonore

Etimologia dal latino chorda, ‘corda di budello’ per strumenti musicali, dal greco khordé ‘intestini, budella’, dall’indoeuropeo gher- ‘interiora’.

Il termine ‘corda’ ricorre in diverse locuzioni della lingua italiana, con vari significati: dare corda (incoraggiare), tirare la corda (rendere insostenibile una situazione), tagliare la corda (svignarsela, scappare), mettere alle corde (non lasciare scelta)… Del resto, la corda in quanto tale, nelle attività umane ha sempre avuto impieghi numerosi e diversi. E ha ricoperto una grande importanza anche nell’arte musicale, visto che costituisce il mezzo di produzione del suono dei cordofoni: pianoforti, violini, chitarre, arpe e chi più ne ha più ne metta.

Comunque siano state impiegate, in origine le corde per eccellenza erano quelle tese sulla lira, che immaginiamo di budello, poiché in greco khordé significava proprio ‘budello, minugia’.

Gli strumenti a corda furono ritenuti per millenni superiori a tutti gli altri. Senza contare che erano gli unici che permettevano al citaredo di cantare e suonare al contempo, incarnando in un’unica figura l’ideale connubio tra musica e poesia.

Quanto alla fabbricazione delle corde per strumenti musicali, uno dei primi resoconti, il trattato arabo-persiano Kanz al-tuḥāf del XIV secolo, descrive la fabbricazione di corde sia in budello che in seta. Tuttavia, in Occidente si usavano prevalentemente quelle di budello e in Italia le corporazioni dei cordai sono documentate sin dal 1216.

Come scrive Patrizio Barbieri, nell’anno 1500 le corde italiane per strumento non erano di buona qualità e si doveva ricorrere a quelle tedesche, ben più affidabili. Alla fine del secolo riuscirono però ad affermarsi le corde abruzzesi, prodotte a L’Aquila, cuore dell’allevamento ovino d’Italia. Gli artigiani provenivano esclusivamente da tre piccoli villaggi vicino a Sulmona: Bolognano, Musellaro e Salle, e per almeno tre secoli custodirono gelosamente la loro professione. I cordai abruzzesi si trasferirono però a Roma e a Napoli, che divennero i centri di produzione più famosi d’Europa.

I ‘cordari’ romani realizzavano fatturati da favola, esportando centinaia di migliaia di pezzi l’anno. Anche a Napoli l’attività fu redditizia, al punto che i più importanti cordai della città, gli Angelucci (originari proprio di Salle), accumularono un’immensa fortuna. Nel 1793 l’ultima discendente, Maria Irene, divenne duchessa grazie a un matrimonio supportato da una dote di migliaia di ducati. Potenza della musica…

La produzione subì col tempo un calo progressivo, anche per il declino dell’allevamento ovino, con la conseguente diminuzione della disponibilità di materia prima. Inoltre, uscirono gradualmente di scena le viole da gamba e molti degli strumenti a pizzico, il liuto fra tutti, che avevano caratterizzato il panorama organologico del Rinascimento e del Barocco.

L’ultimo glorioso successo dell’industria napoletana risale al 1873, quando la ditta di Andrea Ruffini ricevette il primo premio all’Esposizione Internazionale di Vienna come migliore produttrice al mondo di corde di budello per strumenti musicali. Tuttavia, la concorrenza del mercato, l’utilizzo di materiali come seta e acciaio, e la successiva introduzione del nylon nell’immediato dopoguerra, minarono inesorabilmente l’industria del budello; oggi queste corde storiche sono usate solo in alcuni contesti filologici. Attualmente le corde più diffuse sono di metallo, sia semplici che ricoperte di questo materiale.

Marin Mersenne (1588-1648), scienziato noto anche per essere stato il primo a calcolare la velocità del suono nell’aria, elaborò la formula che esprimeva la frequenza emessa da una corda posta in vibrazione, che varia in base a lunghezza, spessore e tensione della corda stessa.

Alcuni confondono il plurale corda del latino cor, cordis ‘cuore’ con chorda ‘fune’. Una celebre frase della messa in latino è appunto l’esortazione sursum corda, ‘in alto i cuori’.

Storia vera: una volta un dirigente, per fare sfoggio di erudizione, affermò solennemente: «Con me non si scherza. I miei uomini devono stare tutti sursum corda

Parola pubblicata il 19 Novembre 2023

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