SignificatoFrutto carnoso con buccia sottile e nocciolo ligneo
Etimologia voce dotta recuperata dal latino latino drup(p)a ‘oliva matura’, dal greco drýpeps ‘maturato sull’albero’, composto di drŷs ‘albero’ e pépto ‘maturare’.
Le parole del lessico scientifico danno spesso scorci precisi e icastici sulla realtà — e in questo sono sorelle delle migliori parole della poesia. C’è una realtà che ci appare magmatica, caotica, e queste parole riescono a riconoscerci (se non crearci) dentro delle vene, delle contiguità, dei tipi. Questo è particolarmente straniante se queste parole s’ingeriscono in materie quotidiane, che crediamo di padroneggiare naturalmente — ma se al banco dell’ortolana ci chiedessero di individuare le drupe, che cosa indicheremmo? Magari qualche frutto esotico, individuato per esclusione?
Diamo una prima digrossata semantica: la drupa è un frutto carnoso con un nocciolo di legno.
Ma com’è che finisce per chiamarsi così? Questo è uno dei casi in cui l’etimologia ci dà un aiuto labile. Non è poi così raro: le parole nascono con un certo senso, ma millenni di riusi e riletture possono far sì che le prime definizioni dell’etimo non servano più per mettere a fuoco un significato corrente. Il greco drýpeps, infatti, individua il ‘maturato sull’albero’ — e grazie mille greco, allora anche le mele dovrebbero essere drupe, anche se non hanno certo un nocciolo ligneo come pesche e albicocche. Arriviamo a questo nuovo significato attraverso una specificazione eccellente (ma del tutto contingente): il latino prende in prestito il termine (adattato come drupa o druppa) per indicare l’oliva matura.
L’oliva è il modello concettuale su cui si plasma per induzione il tipo generale del frutto-drupa. Qui sta la labilità etimologica: ai fini dell’individuazione della drupa, non è rilevante il fatto che maturi sull’albero, è rilevante che strutturalmente somigli all’oliva: un esocarpo protettivo sottile e membranoso (la buccia), un mesocarpo carnoso, e un endocarpo legnoso (per la cronaca, karpós in greco vuol dire ‘frutto’, quindi l’esocarpo è lo strato ‘eso-’, esterno, il mesocarpo è quello di mezzo e l’endocarpo è quello interno, ‘endo-’). Inoltre non sono frutti deiscenti, cioè non si aprono da sé.
Prima di essere un termine della botanica, è stato un termine che ha continuato a indicare le olive, o che ha trovato impiego in letteratura; ma dall’Ottocento il suo successo è maturato.
Fra gli altri frutti, sono evidentemente drupe le pesche, le albicocche, le ciliegie, le prugne, i datteri. Ma sono drupe anche i frutti del noce e della palma da cocco: c’inganna che ne acquistiamo solo il nocciolo legnoso, ripulito dalla parte carnosa — essenziale nella noce (detto mallo) per fare il nocino della nonna, e nella noce di cocco per trarne fibre da tessere, e perché possa galleggiare nel mare e seminarsi di isola in isola. In effetti, questi due frutti che chiamiamo ‘noce’ tecnicamente non sono noci, termine botanico che individua il genere di castagne, nocciole, ghiande. Tutto molto semplice.
Sono drupe anche i frutti dei pistacchi. Sotto, una foto di un grappolo rosato di drupe di pistacchio, scattata da Safa Daneshvar nella regione iraniana del Khorasan. Quelli che noi chiamiamo ‘pistacchi’ sono i semi interni.
Le parole del lessico scientifico danno spesso scorci precisi e icastici sulla realtà — e in questo sono sorelle delle migliori parole della poesia. C’è una realtà che ci appare magmatica, caotica, e queste parole riescono a riconoscerci (se non crearci) dentro delle vene, delle contiguità, dei tipi. Questo è particolarmente straniante se queste parole s’ingeriscono in materie quotidiane, che crediamo di padroneggiare naturalmente — ma se al banco dell’ortolana ci chiedessero di individuare le drupe, che cosa indicheremmo? Magari qualche frutto esotico, individuato per esclusione?
Diamo una prima digrossata semantica: la drupa è un frutto carnoso con un nocciolo di legno.
Ma com’è che finisce per chiamarsi così? Questo è uno dei casi in cui l’etimologia ci dà un aiuto labile. Non è poi così raro: le parole nascono con un certo senso, ma millenni di riusi e riletture possono far sì che le prime definizioni dell’etimo non servano più per mettere a fuoco un significato corrente. Il greco drýpeps, infatti, individua il ‘maturato sull’albero’ — e grazie mille greco, allora anche le mele dovrebbero essere drupe, anche se non hanno certo un nocciolo ligneo come pesche e albicocche. Arriviamo a questo nuovo significato attraverso una specificazione eccellente (ma del tutto contingente): il latino prende in prestito il termine (adattato come drupa o druppa) per indicare l’oliva matura.
L’oliva è il modello concettuale su cui si plasma per induzione il tipo generale del frutto-drupa. Qui sta la labilità etimologica: ai fini dell’individuazione della drupa, non è rilevante il fatto che maturi sull’albero, è rilevante che strutturalmente somigli all’oliva: un esocarpo protettivo sottile e membranoso (la buccia), un mesocarpo carnoso, e un endocarpo legnoso (per la cronaca, karpós in greco vuol dire ‘frutto’, quindi l’esocarpo è lo strato ‘eso-’, esterno, il mesocarpo è quello di mezzo e l’endocarpo è quello interno, ‘endo-’). Inoltre non sono frutti deiscenti, cioè non si aprono da sé.
Prima di essere un termine della botanica, è stato un termine che ha continuato a indicare le olive, o che ha trovato impiego in letteratura; ma dall’Ottocento il suo successo è maturato.
Fra gli altri frutti, sono evidentemente drupe le pesche, le albicocche, le ciliegie, le prugne, i datteri. Ma sono drupe anche i frutti del noce e della palma da cocco: c’inganna che ne acquistiamo solo il nocciolo legnoso, ripulito dalla parte carnosa — essenziale nella noce (detto mallo) per fare il nocino della nonna, e nella noce di cocco per trarne fibre da tessere, e perché possa galleggiare nel mare e seminarsi di isola in isola. In effetti, questi due frutti che chiamiamo ‘noce’ tecnicamente non sono noci, termine botanico che individua il genere di castagne, nocciole, ghiande. Tutto molto semplice.
Sono drupe anche i frutti dei pistacchi. Sotto, una foto di un grappolo rosato di drupe di pistacchio, scattata da Safa Daneshvar nella regione iraniana del Khorasan. Quelli che noi chiamiamo ‘pistacchi’ sono i semi interni.