Contingere
con-tìn-ge-re (io con-tìn-go)
Significato Avvenire per caso, accadere
Etimologia voce dotta recuperata dal latino contingere, derivato di tàngere ‘toccare’, con prefisso cum- ‘con-’.
- «Vedi mai, continga che ci sia il consiglio al completo puoi far decidere sulla questione immediatamente.»
Parola pubblicata il 06 Agosto 2025
È un verbo desueto. Continua a viaggiare in maniera corrente il suo participio presente, il contingente, che racconta la qualità dell’accidentale, del legato casualmente a una certa situazione, a un certo momento, a una congiuntura (non diciamo a una contingenza contingibile o ci mordiamo la coda); raccontiamo che il progetto è fallito non per difetti intrinseci, ma per una sfortuna contingente, e facciamo fronte a delle necessità contingenti.
Dopotutto il contingente è ciò che continge, e ciò che continge è ciò che tocca in una situazione. Il contingente è anche stato la porzione spettante, e lo notiamo ancora nel contingente militare, un gruppo assegnato, che tocca a un certo comando.
Ma il contingere in sé è meraviglioso.
Abbiamo una bella batteria di verbi per significare l’accadere, più spicci o più colti: andiamo dal succedere al capitare, dal darsi fino all’occorrere — ce ne sono anche altri, ma solo il contingere ricorre a questo prefisso, che qui è formidabile.
Il con- non indica meramente un ‘insieme’: colloca nella complessità di una situazione partecipata ciò su cui si installa — in questo caso un ‘toccare’, diciamo pure latinamente un ‘tangere’. Se mi è toccata una bella fortuna, ecco che l’immagine che costruisco è la bussata singolare, l’indice della sorte buona che si pone proprio su di me. Il contingere pone questo tocco, questa incidenza sull’intero momento, sulla piena articolata situazione — interviene con tutto il calore di un contatto. Contactus è in effetti in latino participio passato proprio di contingere. Che presa sulla vita, se continge una bella fortuna.
Pur con tutta questa peculiare bellezza, sarebbe potuta finir lavato via come mille altri arcaismi, poco considerati anche dalla letteratura e dalla poesia. Se non che… Come talvolta accade, la parola resta nei dizionari agganciata un uso particolare e badiale che ne è stato fatto in letteratura, citato e ricitato come esempio d’uso.
Siamo nel XXV canto del Paradiso. Il Nostro si è fatto interrogare e laureare in Fede da san Pietro (congratulazioni), adesso sta per essere interrogato in Speranza da san Giacomo, e l’incipit del canto è stranissimo.
Chi scrive s’interroga: se, se… accada mai che questo sacro poema che ha richiesto le forze del cielo e della terra, e che mi ha consumato, smagrito per tanti anni, vinca la crudeltà di chi mi ha esiliato, serrato fuori dall’ovile della mia gioventù… Detto altrimenti:
Qui a parlare non è il solito Dante, quello che faccia a faccia ci sta raccontando la sua salvifica avventura oltremondana, un personaggio omologo all’autore; questo qui è Dante Dante, uomo, che è stato al mondo come lo siamo noi, e che si è già affaticato per anni e anni a scrivere la Commedia e che ora apre un canto sulla speranza permettendosi di sollevare il lembo della narrazione per dire una cosa lui-lui: vedi mai che questa grande opera non possa valere la revoca del bando da Firenze, un ritorno come poeta con una voce cambiata dall’età, e il cappello di corona d’alloro ricevuta al Battistero, su un capo incanutito. Se mai continga che…
Un uso che si fa notare, in un frangente madornale di un’opera miliare — e che contribuisce a tener socchiusa la porta del contingere, testimoniando il modo alto e pulito in cui ci presenta il ‘succedere’ come contatto con gli eventi.