Equatoriale
e-qua-to-rià-le
Significato Relativo all’equatore; sistema di coordinate celesti; tipo di montatura per telescopi
Etimologia da equatore voce dotta recuperata dal latino medievale aequator ‘che rende uguale’, derivato di aequari ‘rendere uguale’, da aequus ‘uguale’.
Parola pubblicata il 26 Aprile 2024
Parole della scienza classica - con Aldo Cavini Benedetti
La lingua è costellata di termini che parlano della scienza antica e classica, e dei suoi protagonisti. Con Aldo Cavini Benedetti, un venerdì su due recupereremo la loro splendida complessità.
È un fatto scontato che, sulla Terra, sia detto equatoriale tutto ciò che ha a che fare con l’equatore, la linea ideale che la taglia in emisfero boreale a nord e australe a sud: vegetazioni, faune, climi equatoriali hanno caratteristiche particolari perché la fascia equatoriale riceve il massimo irraggiamento solare. Un’altra caratteristica rilevante, anzi proprio eponima, è che in questa fascia il dì e la notte hanno quasi la stessa lunghezza durante tutto l’anno (in questo senso l’equatore, etimologicamente, ‘rende uguale’). Lo possiamo apprezzare visitando i Paesi che si susseguono sulla sua linea, dall’Ecuador alla Guinea Equatoriale (che in realtà sono gli unici due, su tredici Stati che attraversa in quattro continenti, a contemplarlo nel proprio nome).
Equatoriali sono anche alcuni concetti della biologia e dell’anatomia, come la zona equatoriale del globo oculare; tuttavia è un attributo è eminentemente astronomico, e qualifica un paio di marchingegni che servono proprio per le osservazioni astronomiche, di cui il primo viene chiamato montatura equatoriale: vediamo di cosa si tratta.
Poiché la Terra gira sul suo asse, l’osservazione del cielo con il telescopio è complicata dal fatto che le stelle scappano via velocemente dal campo visivo, e bisogna cambiare il puntamento dello strumento con una certa frequenza; e se si stanno scattando foto a lunga esposizione, il puntamento deve essere fatto in modo continuo, ed estremamente accurato.
Se il telescopio viene montato su un cavalletto come quelli da fotografia, in cui c’è uno snodo per il brandeggio (destra / sinistra) e uno per l’elevazione (alto / basso), mantenere la stella all’interno del campo visivo è complicato, perché bisogna appunto accomodare costantemente sia il brandeggio che l’elevazione per inseguire rispettivamente azimut e altezza (così vengono chiamate le coordinate orizzontali) dell’astro osservato, che cambiano continuamente.
Per risolvere questo problema sono stati inventati i cavalletti con montatura equatoriale: qui l’asse fondamentale di rotazione del telescopio è sghembo rispetto all’orizzonte (pavimento) locale, ma parallelo all’asse terrestre. Dovendo osservare una stella o un pianeta è sufficiente aggiustare non più l’altezza ma la declinazione (il suo equivalente nell’ambito delle coordinate equatoriali) una volta per tutte, e poi occuparsi di regolare la sola ascensione retta (l’equivalente dell’azimut), semplificando notevolmente l’osservazione del cielo – insomma, per inseguire un astro, con la montatura equatoriale è sufficiente regolare un movimento anziché due.
Il tipo di cavalletto appena descritto è invenzione moderna, essendo il telescopio stesso un’invenzione relativamente recente. Tuttavia esiste uno strumento assai più antico, la cui invenzione viene fatta risalire addirittura ai tempi di Eratostene di Cirene (III sec. a.C.): è il secondo marchingegno, che prende il nome armilla equatoriale, in grado di operare un vero miracolo.
L’armilla è un grande anello a sezione rettangolare (armilla in latino è il bracciale), le cui superfici esterna ed interna sono cilindriche, mentre quelle superiore ed inferiore sono perfettamente piane. L’anello va installato all’aperto, in modo da essere perfettamente parallelo all’equatore (Tolomeo, nel suo Almagesto, fornisce informazioni dettagliatissime sul modo di procedere); e trovandosi appunto all’aperto, l’armilla viene illuminata dal Sole – ed proprio qui che sta il punto, perché il moto apparente del Sole non si svolge lungo l’equatore, ma lungo l’eclittica, quindi per metà dell’anno (in primavera ed in estate) il Sole si trova sopra all’equatore e quindi illumina l’armilla equatoriale dall’alto, mentre nell’altra metà dell’anno (autunno e inverno) il Sole si trova sotto all’equatore, quindi illumina la stessa armilla dal basso.
Esiste dunque un istante ben preciso in cui il Sole transita da sotto a sopra l’equatore o viceversa: in questi momenti l’armilla equatoriale viene illuminata di taglio, e il momento esatto in cui ciò accade si osserva facilmente perché l’arco dell’anello rivolto verso il Sole fa perfettamente ombra all’arco opposto. Ecco, è proprio questo il miracolo che avevamo preannunciato: la possibilità, da parte dell’armilla equatoriale, di determinare con pochissime ore di errore i momenti in cui il Sole transita per il punto vernale e per il punto della bilancia – momenti a cui corrispondono gli equinozi, ed in cui cominciano la primavera e l’autunno.
Dunque un semplice anello, usato bene, è sufficiente per determinare i momenti in cui si verificano gli equinozi, e di conseguenza l’esatta durata dell’anno solare: sono i primi passi necessari per misurare l’esatta durata delle stagioni, e determinare le caratteristiche del moto apparente del Sole intorno alla Terra. Poca tecnologia, molto ingegno, risultati straordinari!