SignificatoCaso, circostanza possibile, specie sfavorevole
Etimologia derivato di eveniente, participio presente di evenire, che è voce dotta recuperata dall’omologo latino evenire ‘venir fuori, accadere’, derivato di venire con prefisso e- ‘fuori’.
Questa parola vive quotidianamente in frasi, se non proprio di circostanza, che hanno un certo grado di formalità, di affettazione. Ha un che di giornalistico, istruisce su certe circostanze ipotizzate — è una circostanza ipotizzata. Si parla del coltellino che lo zio si porta sempre dietro per ogni evenienza, dei moduli da compilare nell’evenienza di un infortunio, nel rimedio approntato dall’amministrazione per l’evenienza.
Si nota che nella grande maggioranza dei casi l’evenienza non è favorevole; da un certo punto di vista questo è naturale, abbiamo un astio atavico verso le cose che succedono, e non solo verso quelle impreviste, ma anche verso quelle previste che con grande scocciatura vanno prevenute. Ma da un altro lato il cespuglio da cui si allunga l’evenienza ha rami molto più grossi e neutrali, come l’evento.
Si parla in entrambi i casi, letteralmente, di qualcosa che ‘viene fuori’. L’evento è un derivato dotto del latino eventum ‘avvenimento’, che propriamente è il supino (un modo dei verbi latini che in italiano non c’è) del verbo evenire: si può dire che il supino descriva il termine del movimento del verbo, e quindi l’eventum è quello che è venuto fuori, qualcosa di effettivamente avvenuto. E in realtà l’evenienza non ci racconta qualcosa di tanto diverso: è il nome che scaturisce dal participio presente (‘eveniente’) del solito verbo ‘evenire’ passato in italiano — e figuriamoci che la nostra lingua ha conosciuto anche l’evenimento, fratello dell’avvenimento con un prefisso diverso. Se l’eveniente è ciò che viene fuori, ciò che avviene, l’evenienza lo fotografa in maniera statica, in maniera compiuta. Come l’evento. Per quanto resti di una sfumatura astratta, sospesa. Come l’eventualità.
Sono sottili (e in buona parte arbitrarie) le linee che distinguono questi significati, e tali sono le ragioni che portano l’evenienza principalmente in una dimensione ipotetica e sfavorevole; in queste selezioni di significato vediamo i lenti capricci della lingua, capace di recuperare nell’Ottocento il filo di una parola millenaria e di torcerlo in pochi decenni dall’occorrenza all’emergenza, dalla circostanza al pericolo.
Questa parola vive quotidianamente in frasi, se non proprio di circostanza, che hanno un certo grado di formalità, di affettazione. Ha un che di giornalistico, istruisce su certe circostanze ipotizzate — è una circostanza ipotizzata. Si parla del coltellino che lo zio si porta sempre dietro per ogni evenienza, dei moduli da compilare nell’evenienza di un infortunio, nel rimedio approntato dall’amministrazione per l’evenienza.
Si nota che nella grande maggioranza dei casi l’evenienza non è favorevole; da un certo punto di vista questo è naturale, abbiamo un astio atavico verso le cose che succedono, e non solo verso quelle impreviste, ma anche verso quelle previste che con grande scocciatura vanno prevenute. Ma da un altro lato il cespuglio da cui si allunga l’evenienza ha rami molto più grossi e neutrali, come l’evento.
Si parla in entrambi i casi, letteralmente, di qualcosa che ‘viene fuori’. L’evento è un derivato dotto del latino eventum ‘avvenimento’, che propriamente è il supino (un modo dei verbi latini che in italiano non c’è) del verbo evenire: si può dire che il supino descriva il termine del movimento del verbo, e quindi l’eventum è quello che è venuto fuori, qualcosa di effettivamente avvenuto. E in realtà l’evenienza non ci racconta qualcosa di tanto diverso: è il nome che scaturisce dal participio presente (‘eveniente’) del solito verbo ‘evenire’ passato in italiano — e figuriamoci che la nostra lingua ha conosciuto anche l’evenimento, fratello dell’avvenimento con un prefisso diverso. Se l’eveniente è ciò che viene fuori, ciò che avviene, l’evenienza lo fotografa in maniera statica, in maniera compiuta. Come l’evento. Per quanto resti di una sfumatura astratta, sospesa. Come l’eventualità.
Sono sottili (e in buona parte arbitrarie) le linee che distinguono questi significati, e tali sono le ragioni che portano l’evenienza principalmente in una dimensione ipotetica e sfavorevole; in queste selezioni di significato vediamo i lenti capricci della lingua, capace di recuperare nell’Ottocento il filo di una parola millenaria e di torcerlo in pochi decenni dall’occorrenza all’emergenza, dalla circostanza al pericolo.