SignificatoCosta con pareti rocciose a picco sul mare; nell’arrampicata sportiva, parete di roccia usata per allenamento
Etimologia dal frencese falaise, voce piccardo-normanna, dalla voce francone ricostruita come falisa.
Quando ci avviciniamo a una parola che indica una cosa del mondo, concreta, riconoscibile, anzi ben definita, non è mai un incontro secco, anche se può sembrare. Con lo spirito giusto, possiamo notare come dietro una definizione, affascinante ma sobria quanto la roccia, ci siamo sempre noi, con le nostre sensazioni.
La falesia è la parete rocciosa sul mare, a piombo o comunque estremamente ripida. Può proprio opporsi alla furia delle onde, battuta dalle creste, nel qual caso è ancora in una fase di erosione attiva, di arretramento, ed è detta ‘falesia viva’, oppure può essere discosta dall’acqua e dalla sua azione, magari per l’ampiezza di una spiaggia incantevole, nel qual caso è detta ‘falesia morta’.
Il fatto che derivi dal francese falaise potrebbe dirci poco, ma questa derivazione gode di una specificazione ulteriore: si tratta di una voce piccardo-normanna. Questo ci colloca geograficamente l’immagine originale della falesia in una specifica zona della Francia, al nord, sull’oceano — un luogo in cui il francese si è confrontato con le altre lingue francesi del luogo, altre lingue neolatine della gente che ha vissuto quelle falesie per lungo tempo. Falesie straordinariamente imponenti e belle, da quelle di Ault a quelle di Étretat. L’eccellenza del caso fa del nome locale di un tipo di parete di roccia sul mare il nome buono da usare per pareti analoghe in altre parti del mondo. La lingua è soggetta al prestigio (inteso nel suo senso più lato), e una manifestazione particolarmente significativa di un fenomeno può esportare il proprio nome locale (pensiamo al successo dello tsunami, a quello della duna).
Peraltro, continuando questo discorso, fa sorridere notare come di quella voce piccardo-normanna possa essere ricostruito un antecedente francone, falisa, la cui radice germanica significa semplicemente ‘roccia’: rocce speciali, che si fanno notare, prendono per sé quello che era un nome generico. Ma la strada prosegue.
Avrete sentito qualche amica e qualche amico di tremenda inclinazione sportiva che vanno a esercitarsi ‘in falesia’. Vuol dire che vanno ad arrampicare, ma non è che vadano specificamente ad arrampicare su pareti a piombo sul mare: qui il termine ‘falesia’ è inteso in maniera più generale, contemplando una parete di roccia. Non è un’arrampicata su una parete artificiale né è un’arrampicata alpinistica più autenticamente avventurosa: è un’arrampicata sportiva su una parete specifica, posta a quote non elevate, che concilia la bellezza del contesto naturale con un certo grado diaddomesticamento dell’impresa con percorsi attrezzati. Palestre di roccia. Anche qui, la scelta del nome generico è ricaduta sulla parete più evocativa — che naturalmente è a bassa quota.
Rocce, solo rocce che si stagliano e consumano, che non ci rivelano solo il proprio spaccato geologico, ma col loro nome anche un nostro spaccato psicologico.
Quando ci avviciniamo a una parola che indica una cosa del mondo, concreta, riconoscibile, anzi ben definita, non è mai un incontro secco, anche se può sembrare. Con lo spirito giusto, possiamo notare come dietro una definizione, affascinante ma sobria quanto la roccia, ci siamo sempre noi, con le nostre sensazioni.
La falesia è la parete rocciosa sul mare, a piombo o comunque estremamente ripida. Può proprio opporsi alla furia delle onde, battuta dalle creste, nel qual caso è ancora in una fase di erosione attiva, di arretramento, ed è detta ‘falesia viva’, oppure può essere discosta dall’acqua e dalla sua azione, magari per l’ampiezza di una spiaggia incantevole, nel qual caso è detta ‘falesia morta’.
Il fatto che derivi dal francese falaise potrebbe dirci poco, ma questa derivazione gode di una specificazione ulteriore: si tratta di una voce piccardo-normanna. Questo ci colloca geograficamente l’immagine originale della falesia in una specifica zona della Francia, al nord, sull’oceano — un luogo in cui il francese si è confrontato con le altre lingue francesi del luogo, altre lingue neolatine della gente che ha vissuto quelle falesie per lungo tempo. Falesie straordinariamente imponenti e belle, da quelle di Ault a quelle di Étretat. L’eccellenza del caso fa del nome locale di un tipo di parete di roccia sul mare il nome buono da usare per pareti analoghe in altre parti del mondo. La lingua è soggetta al prestigio (inteso nel suo senso più lato), e una manifestazione particolarmente significativa di un fenomeno può esportare il proprio nome locale (pensiamo al successo dello tsunami, a quello della duna).
Peraltro, continuando questo discorso, fa sorridere notare come di quella voce piccardo-normanna possa essere ricostruito un antecedente francone, falisa, la cui radice germanica significa semplicemente ‘roccia’: rocce speciali, che si fanno notare, prendono per sé quello che era un nome generico. Ma la strada prosegue.
Avrete sentito qualche amica e qualche amico di tremenda inclinazione sportiva che vanno a esercitarsi ‘in falesia’. Vuol dire che vanno ad arrampicare, ma non è che vadano specificamente ad arrampicare su pareti a piombo sul mare: qui il termine ‘falesia’ è inteso in maniera più generale, contemplando una parete di roccia. Non è un’arrampicata su una parete artificiale né è un’arrampicata alpinistica più autenticamente avventurosa: è un’arrampicata sportiva su una parete specifica, posta a quote non elevate, che concilia la bellezza del contesto naturale con un certo grado diaddomesticamento dell’impresa con percorsi attrezzati. Palestre di roccia. Anche qui, la scelta del nome generico è ricaduta sulla parete più evocativa — che naturalmente è a bassa quota.
Rocce, solo rocce che si stagliano e consumano, che non ci rivelano solo il proprio spaccato geologico, ma col loro nome anche un nostro spaccato psicologico.