Goffrare

gof-frà-re (io gòf-fro)

Significato Imprimere un disegno permanente in rilievo su tessuti, carta, cuoio e altri materiali plastici e cedevoli

Etimologia dal francese gaufrer ‘goffrare’, da gaufre, tipo di dolce cotto su una piastra a celle.

Questa parola ci permette di tessere una rete davvero inaspettata.
Infatti è un termine decisamente tecnico, pratico, da carattere ingegneristico o merceologico, che pare non si elevi idealmente. E invece giunge alle vette più impensabilmente alte.

Goffrare un materiale significa imprimerci sopra un disegno in rilievo. Capiamo bene che è un’azione estremamente versatile, che può avere gli intenti più diversi e può essere esercitata sui più diversi materiali — basta siano plastici e sufficientemente cedevoli.

Ad esempio il foglio di preziosa carta di cotone non porterà un timbro inchiostrato della cartiera — sarebbe troppo invadente, il figlio deve essere pulito. Ma della cartiera potrà portare la goffratura, un piccolo simbolo a lieve sbalzo, ottenuto in maniera non poi dissimile dalla pressione di un timbro secco, senza inchiostro. Possono essere goffrate delle lamiere che non devono essere troppo lisce e riflettenti, o su cui magari non si deve scivolare — pensiamo a quelle di una rampa, di un fondo di furgone. Panni di feltro, rivestimenti di gomma, accessori di cuoio possono avere la decorazione di una goffratura. Tutto bello e interessante, grazie, ma da dove salta fuori questo termine così bizzarro? Con che cosa potrebbe mai avere a che fare?

La risposta breve è waffel (o wafer se lo preferiamo). Il nostro ‘goffrare’ è un prestito dal francese gaufrer, derivato dal termine gaufre; questo già nel medioevo indica una figura impressa a caldo, su stoffa, su cuoio, ma innanzitutto su un dolce. Ci presenta quell’arcipelago di preparazioni dolciarie che, cotte su piastre suddivise in celle, finisce per portare un disegno a rilievo — che stuzzica la lingua e che accoglie convenientemente le creme con cui bontà nostra tentiamo di rendere queste squisitezze un po’ meno leggere.

Il riferimento primario del termine gaufre è naturalistico: il nido d’ape, qui inteso come struttura grafica ripetitiva. È un termine di ascendenza germanica (e dobbiamo notare che già nel francone abbiamo una voce ricostruita come wafel col significato di ‘cialda’): risale all’ipotetico termine proto-germanico wabila, che aveva fra i suoi significati proprio la tela di ragno e il nido d’ape. Si parte sempre da uno sguardo primigenio sul mondo.

Ad ogni modo, diciamo che non ci si può aspettare un’evoluzione lineare, nei nomi dei dolci: le loro sono storie fatte di echi e mescolanze — pare comunque che un nodo cruciale possa essere il medio neerlandese wafele, che avrebbe originato in inglese wafer e waffel (poi giunti da noi) e in francese quel gaufre da cui il ‘goffrare’ da cui, se lo zucchero non ci ha fatto perdere la memoria, partivamo — senza contare gli altri esiti in francese e in tedesco e le evoluzioni in neerlandese. Vette altissime dicevamo, quanto possono essere alte quelle della pasticceria.

Un famoso linguista svizzero, Ferdinand de Saussure, aveva come motto tout se tient, ‘tutto si tiene’. Nella lingua s’intreccia tutto, tutto combacia.

Parola pubblicata il 20 Dicembre 2022